Ptah, dio creazione e Isimud dio messaggero – mitologia egizia
Ptah o Fhta nella mitologia egizia è il Dio creatore dell’Universo. Protettore degli artigiani e artisti oltre ad essere il protettore della città di Menfi in Egitto. Ptah era considerato il creatore del cosmo.
APIS IL TORO DI PTAH
L’animale a lui sacro era Apis, un toro dal manto nero con macchie bianche. Questo tipo di animale veniva scelto dai sacerdoti per fare sacrifici rituali in base anche alla disposizione delle macchie stesse che dovevano essere a forma di mezza luna sui fianchi e a triangolo sulla fronte. Essi erano considerati segni sacri.
Il sacerdote di Ptah era noto come il saggio consigliere o colui che fa salire la verità fino al dio.

Durante il rituale di sacrificio per il Dio, il sacerdote osservava i movimenti dell’animale o il muggito per interpretarli poiché erano dei Dio. Morto Apis il corpo dell’animale doveva essere mummificato e conservato in un grande sarcofago. Un metodo per consentire l’ascesa dell’aniamale al Dio.
Il dio più importante
Ptah, nella mitologia egizia, fu connesso con la divinità di Sokar, il dio falco, e a Osiride, marito della dea della guerra Sekhmet dalla testa di leonessa, figlia del Sole Amon Ra. I due ebbero un figlio di nome Nefermet che rappresenta l’alba il sorgere del Sole e insieme formarono la triade divina di Menfi.
Dobbiamo dire che Ptah può essere una delle divinità pià antiche che poi, per essere più vicina al popolo, venne associata a divinità più note. Rimane comunque il creatore dell’Universo e come tale è superiore addirittura al Dio Rha, almeno nel primo periodo della dinastia faraonica.
Lui risiedeva nel grande tempio di Hut-Ka-Ptah a lui dedicato e che significa: il castello del Ka di Ptah. Il Ka era l’energia vitale che sopravvive alla morte fisica della persona o della divinità.
Ptah era particolarmente importante e invocato durante il cerimoniale funebre dell’apertura della bocca delle mummie affinché il defunto potesse mangiare e bere nel aldilà in modo che la sua anima iniziasse al meglio il cammino verso l’aldilà.
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Apparizione di Ptah
Il dio Ptah viene raffigurato come un uomo mummificato ritto in piedi avvolto strettamente da un lenzuolo. In alcune rappresentazioni sul suo corpo ci sono delle lavorazioni o decorazioni con geroglifici. Solo le mani sono fuori dalla mummificazione poiché reggono un bastone o scettro che reca tre segni importanti il:
- Was simbolo del potere
- Djet simbolo di stabilità
- Ankh simbolo della vita
Sulla testa indossa una calotta blu e la pelle del viso e anch’essa blu o verde. Ha una barba posticcia come era solito usare dai faraoni.
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Creazione del mondo conosciuto
La citta di Memphis o Menfi fu fondata nel delta del Nilo, nella parte occidentale nel 3100 a.C. dal re Menes (che unificò i due regni). Era la capitale del primo nomo del Basso Egitto durante l’Antico Regno. Continuò ad esserlo per oltre 1000 anni per poi essere sostituita da Tebe. Sede del culto del dio Ptah. Luogo sacro dove venivano incoronati i faraoni.
Secondo il mito, il mondo era interamente ricoperto da acque primordiali da cui si autogenerò Ptah. Il dio avrebbe creato il mondo con il dono della parola. Pensando con il cuore creò e pronunciando il loro nome creò ogni cosa. Infatti ogni cosa che veniva nominata cominciò a esistere creando per primi gli Dei:
- Atum, il dio del Sole che illuminò la terra facendola uscire dalle tenebre
- Tatenen la prima terra emersa
- Nun il caos primordiale che grazie alle divinità divenne ordine
- Thot dio della sapienza e scrittura
Infine fu data vita all’umanità, animali e alle piante. Il Dio finì di creare il mondo, ma non si fermò continuando a creare e plasmare con le sue mani diventando il dio delle arti e degli artigiani. Lui stesso era ingegnere, architetto, fabbro, carpentiere e scultore. La sua opera era infinita per il regno d’Egitto.
Stele Shabaka
Il mito menfita che riguarda il dio Ptah e che ci informano sulla nascita dell’Universo fu scritto su una stele di pietra di granito nero in modo che durasse per secoli. Giunta fino a noi.
Pensate che però, nel corso del tempo, non conoscendo il suo valore, venne usata come macina del grano che ha rovinato in parte i geroglifici rendendo difficile la traduzione. La pietra di Shabaka, come viene chiamata, prende il nome del faraone omonimo che la fece incidere, tramandando ai posteri, la storia del Dio. All’inizio delle iscrizioni geroglifiche viene spiegato il perché il faraone fece incidere questa stele facendo ricopiare da un antico testo trovato nel tempio del dio Ptah, scritto sul papiro che era rovinato e quasi in decomposizione.
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Isimud o Isinu il dio messaggero degli dei nella mitologia egiziana
Isimud o Isinu ,Usmù divinità minore Sumera che divenne uno dei messaggeri degli Dei egizi nel periodo di massimo splendore dell’impero venendo inserito nella mitologia egizia in modo profondo.

Era il messaggero fidato di Enki, il dio delle acque dolci, che viene citato in alcuni poemi mitologici specialmente in: Enki e Inanna, dove Isimud insegue e cerca di convincere Inanna a restituire i Me (i Me sono le forze divine) a suo padre Enki.
La divinità viene rappresentato in un sigillo cilindrico mesopotamico usato per sigillarie i documenti, come a conservare i segreti di chi gli chiede aiuto. Almeno questo è uno dei suoi simboli.
Nella forma “umana” è un uomo con la barba e capelli lunghi. Indossa la classica veste sumera con un cappello a cilindro accadico. Ha un viso con un ghigno beffardo e la sua particolarità è di avere due volti che guardano in direzioni opposte. Tale immagine ci ricorda il Dio Giano Bifronte, con uno sguardo al passato e l’altro al futuro.
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ENKI E INANNA
Enki, nel racconto della mitologia egizia, è il signore che ogni cosa chiamò Isimud. Gli disse di andare incontro alla figlia Inanna e portarla al tempio della città di Uruk. Di darle da bere della fresca acqua per ristorarla e una focaccia al burro. Farla poi riposare e fare delle offerte alla statua del leone mettendo della birra ai suoi piedi. Dopo tutto questo Inana si deve sedere alla grande tavola del cielo.
Isimud eseguì tutti gli ordini del suo signore. Arrivo Enki e cominciarono a bere insieme della birra brindando con coppe di bronzo. Enki, ormai ubriaco, offrì a Inanna la corona, i suoi poteri e il trono.
Inanna rispose seria: Li prendo. Enki riempì di nuovo la coppa e continuò a brindare e disse a Inanna: ti darò il mio tempio, le arti, la verità, la discesa negli inferi e il ritorno. Ti darò l’arte di amare. Inanna rispose: li prendo.
Enki continuò a riempire e alzare la coppa offrendo tutti i suoi Me (ricordiamo che i: Me sono tutte le forze divine che regolano l’ordine e la civilizzazione, i lavori e la cultura, in totale sono: 100) e li elencò tutti.
La dea li raccolse e li caricò sulla barca divina del paradiso. Salpò dal porto per andare a Eridù. Mentre Enki smaltiva i postumi della sbornia. Il mattino, quando si svegliò, non trovò più i suoi Me e chiamò il suo servo Isimud. Gli chiese dove fossero e lui rispose: li hai dati a Inanna che li ha portati via.
Enki chiese a Isimud di raggiungerla e convincerla a farseli restituire. Isimud la seguì. Quando la dea approdava ai porti la pregò di restituire i Me. Inanna li consegnò alla sua personale ancella, tale Ninshubur, che li custodì. Lei decise di restituirli direttamente a Enki con grandi festeggiamenti.
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Il frutto proibiti in paradiso
Il dio Isimud e assimilabile al dio Giano, una delle divinità italiche più importanti della mitologia romana. Un Dio misterioso che non risale né agli etruschi e né alla mitologia Greca, si ritiene che la figura di Giano con due volti opposti si ispiri a isimud, (o Usmù). Dunque è una divinità primordiale. Giano è un dio serio e affidabile, di buon cuore che ha regnato nel Lazio.

Nei poemi sumeri ci sono molte similitudini con la Genesi biblica. Per esempio il paradiso terrestre, con il suo frutto proibito oppure il racconto che riguarda Enki che arrivò nella terra di Dilmun, un vero paradiso terrestre. In questo paradiso vi regna la dea Ninhursag che creò 8 piante, 8 come il numero dell’infinito. Enki mangiò tutte e 8 le piante. La dea, furiosa, lasciò il paradiso.
Questo racconto non vi ricorda nulla? Nel paradiso terrestre fu una donna a mangiare un frutto proibito, in questo caso invece è un uomo che divora queste erbe. Unitamente troviamo l’abbandono del paradiso per andare in giro per il mondo. In entrambi i casi si maledice la: disobbedienza che condanna ai dolori e sacrifici.
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Articolo scritto e pubblicato da Il bosco delle streghe.