Streghe della sicilia: le donne di Fora – stregoneria
Nelle notti di luna piena, quando il silenzio dei boschi siciliani respira, si dice che danzino figure leggere, streghe avvolte da veli bianchi e profumi d’erbe. Sono le Donne di Fora, spiriti femminili, custodi di un mondo che vive accanto a quello umano.
Guarda il VIDEO per intero sul nostro canale youtube di “Il bosco delle streghe”, eccoti il link:
Iscriviti al nostro canale Youtube: IL BOSCO DELLE STREGHE!
Il nome “Fora” significa letteralmente “donne di fuori”. Questo racconta già il loro mistero: creature che appartengono a un altrove, al di là delle soglie della casa e dei villaggi, ma che camminano tra noi per visitare gli uomini, guarirli o punirli.
Le testimonianze sulla loro esistenza, l’esistenza di queste streghe, affondano nel folclore più antico. In molte zone della Sicilia, soprattutto tra le campagne di Palermo, Messina e Catania, si tramanda che queste donne appaiano di notte, tra gli alberi o vicino alle sorgenti. Belle, eleganti, dal portamento nobile, hanno tuttavia un dettaglio inquietante: piedi non umani, a volte di cavallo o di gatto, segno della loro natura doppia, metà celeste e metà selvaggia. Entrano nelle case attraverso le serrature o le fessure delle finestre per lasciare lenzuola profumate e letti ordinati oppure per provocare malanni a chi osa offenderle.
Culto antico delle streghe di fora
Le Donne di Fora non sono semplici fantasie. Rappresentano la memoria viva di antichi culti pagani legati alla natura, probabilmente derivati da figure come Diana o da spiriti femminili delle selve mediterranee come le ninfe. Quando l’Inquisizione spagnola giunse in Sicilia, molti racconti su queste donne furono reinterpretati in storie di stregoneria: donne accusate di volare di notte, di unirsi a spiriti, di guarire con incantesimi. Tuttavia, il loro mito sopravvisse, trasformandosi in un simbolo di resistenza culturale e di potere femminile, un modo per dare voce all’indipendenza e alla saggezza delle donne del popolo.
Studiare oggi le Donne di Fora significa guardare dentro l’anima più profonda della Sicilia. Queste figure, sospese tra fede e superstizione, raccontano il rapporto antico dell’isola con la natura, con il mistero e con la spiritualità. Sono il riflesso di una cultura che non separa mai del tutto il visibile dall’invisibile. Nel loro mito convivono paura e meraviglia, sacro e profano, memoria e identità. Per questo continuano ad affascinare: perché nelle loro danze notturne si nasconde ancora la voce antica della Sicilia, che non ha mai smesso di credere nel potere invisibile delle sue donne.
Perché si chiamano “streghe di fora” o donne di fora?
Il nome Donne di Fora, o nella forma spagnola Donas de Fuera, significa letteralmente “donne di fuori”, “donne dell’altrove” oppure “donne straniere”. Un termine diffuso in tutta la Sicilia con varianti dialettali come donni di fora, donni di locu, belli signuri o patruni di casa, rivela fin dall’origine il senso di separazione tra il mondo umano e quello soprannaturale.
“Fuori” non è solo un luogo fisico, ma uno spazio simbolico: l’esterno, l’ignoto, il regno del mistero e della libertà. Le Donne di Fora vivono al di là della soglia o meglio al di là del velo sottile. In un altrove che confina con i boschi, le grotte o le notti di luna, ma sanno oltrepassarlo per entrare nelle vite degli uomini.
Testimonianze scritte: streghe di Fora storia vera
Le prime attestazioni scritte sulle streghe di fora, vale a dire testimonianze veritiere della santa inquisizione, risalgono ai secoli XV e XVI, cioè nel 1400 D.c. in poi, quando i tribunali dell’Inquisizione spagnola operavano anche in Sicilia. Nei registri dei processi compaiono donne accusate di “uscire con lo spirito”, di incontrare creature chiamate donne di fora o belle signore. In questi documenti, i predicatori e i giudici le descrivono come demoni travestiti da fate, mentre nei manuali di demonologia venivano considerate manifestazioni del diavolo, strumenti di tentazione o superstizione contadina. Tuttavia, dalle testimonianze popolari emergeva un’immagine molto diversa: quella di spiriti benevoli, portatrici di guarigioni e consigli, legate più al mondo della natura che al male.
Le Donne di Fora sono, in realtà, l’eredità delle antiche divinità femminili della fertilità e della natura, come Diana o Artemide, dee della caccia e della luna, venerate nei boschi e nelle campagne del Mediterraneo. Con la cristianizzazione della Sicilia, questi culti furono demonizzati, ma non scomparvero: si trasformarono in racconti popolari, dove le divinità divennero spiriti erranti o fate notturne.
Il loro legame con la terra, le piante e gli animali, e la capacità di agire fuori dal controllo maschile e religioso, le resero figure sospette per l’autorità ecclesiastica. Eppure, per il popolo, restarono simboli di protezione e di forza. Nella parola “fora” sopravvive dunque l’eco di un mondo arcaico: quello delle selve sacre, delle donne libere e del potere misterioso che la natura, in Sicilia, non ha mai smesso di ispirare.
Leggi anche: Volti del Male: diavolo nei secoli, significato e iconografia?
Aspetto delle donne di fora
Le Donne di Fora sono descritte come figure di straordinaria bellezza, dal fascino sovrannaturale. Appaiono come giovani donne dai capelli lucenti e neri, spesso lunghi e sciolti, con vesti leggere di colore bianco, rosso o nero. Il bianco rappresenta la purezza e la luce lunare, il rosso la vitalità e la passione, mentre il nero richiama il mistero della notte e della magia. Tuttavia, dietro questa perfezione apparente si nasconde un dettaglio inquietante: molte leggende raccontano che i loro piedi non siano umani, ma di gatto, di cavallo o di capra. Questo particolare le rivela come esseri di confine, né completamente umane né del tutto spiriti, creature che appartengono a due mondi.
Di giorno devono restare nascoste. Si dice che la luce del sole le indebolisca o le condanni a trasformarsi in animali come rospi, gatti o lucertole. Questo divieto di mostrarsi alla luce sottolinea la loro appartenenza alla dimensione notturna e lunare, legata al segreto, all’intuizione e al potere invisibile.
Il loro rapporto con gli esseri umani è ambivalente. Possono essere generose, portare fortuna, guarire malattie e proteggere le case di chi mostra rispetto. Ma, se offese o disturbate, diventano vendicative: possono far ammalare, confondere la mente o gettare una maledizione su chi non riconosce la loro presenza. Sono dunque spiriti del confine, che incarnano la doppia natura della magia siciliana — benefica e distruttrice insieme — e riflettono la visione del mondo contadino, in cui ogni forza della natura può donare o togliere, a seconda del modo in cui viene trattata.
I giorni delle streghe di fora
Secondo la tradizione, le Donne di Fora non vivono sempre nel nostro piano di realtà. Durante la notte, il loro spirito lascia il corpo terreno e vaga libero, partecipando a riunioni segrete nei boschi, ai sabba sulle montagne o presso sorgenti d’acqua. Queste adunanze si svolgono in giorni precisi della settimana come martedì, giovedì e sabato. Fino al 2011, pochi anni fa, era obbligatorio che i negozi rispettassero il giorno di chiusura settimanale oltre la chiusura domenicale e durante le festività. Questa particolarità nacque nel medioevo è il motivo era che in questi giorni era più facile che girovagavano streghe e demoni.
Tale tradizione aveva un legame pagano perché è in questi giorni, dedicati a divinità specifiche, che il “velo tra i mondi”, le porte dell’altrove, da dove uscivano energie e spiriti, si aprisse. Nel cristianesimo rimase la convinzione che erano i giorni delle streghe. Per evitare dunque che le persone uscissero si preferiva chiudere i negozi. Chiusura che avveniva di: martedì o di giovedì o di sabato. Ogni territorio aveva il suo giorno. Per esempio nel mio, ricordo che era il giovedì!
Tale tradizione, di cui si è persa poi la motivazione reale, continuò. Nel 1960, quando la chiesa aveva perso potere, si disse che la chiusura obbligatoria era un giorno di riposo per il rispetto dei lavoratori. A me viene da dire: se questa è la verità allora perché tale pratica nacque nel medioevo quando non c’era idea di diritto dei lavoratori? La legge venne abrogata nel 2011. Questi erano i giorni in cui si radunavano o si incontravano le streghe tra cui le donne di fora. In questi giorni le donne danzano, cantano e praticano riti di guarigione o di conoscenza, accompagnate da suoni misteriosi e da profumi di erbe selvatiche.
Leggi anche: 5 spiriti guida POTENTI: chi sono e come parlarci
Spiriti, streghe o….
Le Donne di Fora sono spiriti che appartengono alla natura, ma non ne restano prigioniere. Vivono nei boschi, tra le rocce e le sorgenti, in quei luoghi che l’immaginario popolare siciliano considera “carichi di presenza”. Il loro mondo è fatto di alberi antichi, profumi d’erbe, ruscelli nascosti e venti improvvisi che sussurrano parole incomprensibili. I contadini raccontavano che, nelle notti limpide, era possibile udire il suono delle loro danze provenire dai valloni o dai margini dei campi. Nessuno però doveva spiarle, perché interrompere i loro riti portava disgrazia. I boschi erano il loro regno sacro, ma non erano l’unico luogo dove si manifestavano.
Le Donne di Fora attraversano le soglie delle case, passando per le serrature o le fessure delle finestre. Questa capacità di entrare “da fuori” le lega profondamente al concetto di soglia, simbolo del confine tra il visibile e l’invisibile. Quando una casa è ordinata, pulita e profumata, le donne di fora possono abitarla per una notte, lasciando segni di benevolenza. In particolare, amano trovare il letto rifatto, con lenzuola bianche e fresche: è un gesto che per loro rappresenta rispetto e purezza. Si dice che, se trovano il disordine, si allontanano in silenzio o, peggio, lasciano dietro di sé piccoli malanni o turbamenti.
Casa e la strega di fora
Il loro rapporto con la casa, quindi, è ambivalente come la loro stessa natura. Da un lato portano armonia e protezione; dall’altro, ricordano la fragilità dell’equilibrio tra umano e soprannaturale. Entrano per osservare, per misurare la cura che una famiglia dedica al proprio spazio. In questo modo, il mito diventa anche un insegnamento morale: la pulizia e l’ordine domestico non sono solo questioni pratiche, ma segni di rispetto verso le forze invisibili che abitano il mondo.
Quando vengono disturbate o costrette a mostrarsi alla luce del giorno, le Donne di Fora mutano forma. Possono trasformarsi in animali notturni – rospi, lucertole, serpenti – simboli di rigenerazione e di passaggio tra la vita e la morte. Queste metamorfosi rappresentano la contaminazione tra sacro e profano: la perdita temporanea della loro grazia divina per assumere la maschera della terra. Così, anche nelle loro trasformazioni, continuano a incarnare il legame profondo della Sicilia con la natura e con il mistero che abita ogni suo luogo, dal bosco più fitto alla stanza più silenziosa.
Entità naturali, divenuti demoni
Quando la Sicilia cadde sotto la dominazione spagnola, tra il Quattrocento e il Seicento, l’isola divenne terreno fertile per la diffusione delle idee inquisitoriali. In quel periodo, la linea che separava la devozione popolare dalla superstizione venne tracciata con durezza. Le Donne di Fora, fino ad allora considerate spiriti benigni o fate del bosco, furono gradualmente assimilate alla figura della strega. Le fonti dell’Inquisizione spagnola in Sicilia — specialmente i verbali dei tribunali di Palermo e di Messina — raccontano di donne accusate di “uscire con lo spirito”, di partecipare a riunioni notturne e di ricevere poteri da entità invisibili. Nei resoconti dei predicatori e dei giudici, queste “uscite” erano descritte come veri e propri sabba, dove le donne si incontravano con il demonio travestito da bell’uomo o da “signore dei boschi”.
In realtà, dietro quelle confessioni spesso estorte con la paura o con la tortura, si nascondeva un mondo simbolico molto diverso. Le donne che parlavano di spiriti o di viaggi notturni non erano maghe malefiche, ma portatrici di un sapere arcaico: conoscevano le erbe, i rimedi naturali, i cicli della luna. Alcune si definivano “servitrici delle Donne di Fora”, spiegando di ricevere da loro la capacità di guarire, di consigliare o di leggere i segni della sorte. Ma agli occhi dell’Inquisizione, quel sapere femminile e autonomo rappresentava una minaccia: non veniva da Dio, quindi doveva venire dal diavolo.
La strega a 2 volti
La peculiarità siciliana sta proprio in questa fusione di categorie. Nella cultura popolare dell’isola, la donna di fora non coincide né con la strega né con la fata, ma si colloca in mezzo: è una figura ambigua, spirituale e concreta al tempo stesso. In altre regioni d’Europa, la fata apparteneva al mondo del mito e la strega a quello della paura; in Sicilia, invece, queste due dimensioni convivevano nella stessa leggenda, senza contraddizione.
Il contesto storico e sociale spiega questo intreccio. Sotto il dominio spagnolo, la Sicilia era una terra di contrasti: profondamente religiosa ma anche impregnata di credenze pagane. L’Inquisizione tentò di cancellare le sfumature, imponendo un rigido dualismo tra bene e male. Così le Donne di Fora, simbolo di libertà e di connessione con la natura, furono trasformate in streghe. Ma nel cuore del popolo rimasero ciò che erano sempre state: spiriti antichi, custodi di un sapere che nessun tribunale poteva davvero condannare.
Leggi anche: Conosci la chiaroudienza? Come sviluppare questo dono?
4 Significati delle donne di Fora
Le Donne di Fora rappresentano una delle immagini più complesse e affascinanti del folclore siciliano, perché vivono sul confine tra due mondi: quello naturale e cosmico, e quello umano e domestico. Non appartengono interamente né all’uno né all’altro, ma li collegano. Sono le guardiane di una soglia invisibile, dove la natura, con le sue forze misteriose, incontra la vita quotidiana degli uomini. Nelle campagne siciliane, si credeva che la loro presenza servisse a mantenere l’equilibrio: proteggevano la fertilità dei campi, la salute delle famiglie e l’armonia tra gli esseri viventi. Se il mondo umano perdeva rispetto per la terra o per l’ordine della casa, le Donne di Fora si facevano sentire, portando piccoli segni di avvertimento o malattie improvvise.
Dal punto di vista antropologico, queste figure incarnano un antico potere femminile legato alla conoscenza e all’autonomia. In una società patriarcale e religiosa queste streghe erano pericolose. Specialmente in una società come quella siciliana tra Medioevo e Età moderna, le donne che sapevano di erbe, che curavano con parole e gesti, o che vivevano ai margini delle regole sociali, venivano spesso percepite come “altre”. Il mito delle Donne di Fora trasformava questa alterità in leggenda: non erano streghe malvagie, ma donne speciali, con un rapporto privilegiato con la natura e con le forze invisibili. La loro “magia” era la capacità di vedere e comprendere ciò che gli altri non vedevano.
Donna indipendente, nel medievo
Psicologicamente, la figura della Donna di Fora risponde anche a un bisogno collettivo di equilibrio e di giustizia. Queste spiriti avevano funzioni di guarigione e protezione, ma anche di punizione. Guarivano chi si mostrava rispettoso, ma punivano la superbia e l’arroganza. In questo modo, rappresentavano una forma di coscienza comunitaria: attraverso il mito, la società riconosceva l’esistenza di forze che premiavano il bene e correggevano il male, anche fuori dal controllo della Chiesa o della legge.
Nella cultura popolare, le Donne di Fora erano dunque figure di riferimento, oggetto di timore e di rispetto allo stesso tempo. Portavano speranza e ordine in un mondo dominato dall’incertezza. Erano la voce del mistero dentro la vita quotidiana, il simbolo di un femminile che, pur represso, continuava a esercitare un potere profondo e invisibile. Così, il loro mito divenne una forma di resistenza culturale: un modo per conservare, sotto le apparenze del racconto magico, la memoria del sapere e della dignità delle donne siciliane.
La sicilia che non dimentica
Il mito delle Donne di Fora ha attraversato i secoli grazie alla voce del popolo, molto prima che gli studiosi lo raccogliessero nei libri. Le loro storie si trasmettevano attorno al fuoco, durante le veglie invernali o nei cortili assolati dei paesi. Ogni famiglia ne conosceva una versione: in alcune, le Donne di Fora erano spiriti luminosi che portavano fortuna; in altre, creature che punivano chi trascurava la casa o maltrattava la terra. Quando alla fine dell’Ottocento il grande folklorista palermitano Giuseppe Pitrè decise di studiare sistematicamente la tradizione orale siciliana, scoprì che la leggenda delle Donne di Fora era presente in ben 172 comuni dell’isola. Le sue ricerche, raccolte nei volumi della Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane, dimostrarono che questo mito non era un racconto isolato, ma una componente profonda della cultura regionale.
Pitrè documentò testimonianze che mostravano la complessità di queste figure: in alcuni paesi venivano invocate per guarire i bambini, altrove erano temute come spiriti capricciosi. Spesso le donne anziane custodivano formule, gesti o canti che si dicevano tramandati direttamente dalle Donne di Fora. Attraverso la parola orale, il mito rimase vivo, adattandosi ai tempi e ai contesti sociali.
Anche lo spazio urbano conserva tracce di questa memoria. A Palermo, ad esempio, esiste il Cortile delle Sette Fate, un luogo legato alla leggenda di sette Donne di Fora che danzavano nelle notti di luna piena. Toponimi, proverbi e racconti continuano a richiamare la loro presenza silenziosa, segno di quanto la Sicilia viva ancora immersa nel suo patrimonio invisibile.
Leggi anche: Gladiatori: gli iniziati sacri! – storia, curiosità e mistero
Altri miti, ma che parlano di streghe
Il mito delle Donne di Fora non nasce in isolamento: si inserisce in una vasta rete di credenze europee e mediterranee che hanno come protagoniste figure femminili legate ai boschi, alle acque e alla notte. In molte culture, dall’Italia settentrionale ai Balcani, dall’Europa del Nord al mondo celtico, compaiono spiriti simili, spesso con nomi diversi ma con tratti comuni. Le vile della tradizione slava, ad esempio, sono ninfe dei boschi e delle montagne, bellissime e pericolose, che danzano in cerchio tra le nebbie e possono punire gli uomini che le osservano di nascosto. Nelle regioni del Nord Europa, le witte wieven o “donne bianche” appaiono come spiriti di donne sagge o guaritrici morte, che vagano tra i boschi proteggendo i viventi. Anche in Italia, soprattutto nelle Alpi e negli Appennini, si ritrovano figure analoghe: le anguane venete, le janare campane, le fate di Benevento o le madri dell’acqua sarde.
Tutte queste entità condividono una caratteristica fondamentale: sono legate alla natura selvaggia e rappresentano il potere femminile in rapporto con il mistero.
Streghe spiriti liberi
Il primo elemento distintivo è il loro stretto legame con la casa e la vita domestica. Mentre molte fate europee restano confinate nei boschi o nelle grotte, le Donne di Fora attraversano la soglia e interagiscono con gli esseri umani, osservando l’ordine, la pulizia, il rispetto per gli spazi. Questo intreccio tra natura e ambiente domestico riflette la realtà contadina dell’isola, dove la sopravvivenza dipendeva dall’equilibrio tra la terra coltivata e il mondo selvaggio. Inoltre, la dimensione spirituale delle Donne di Fora conserva tracce della religiosità mediterranea, legata al culto della luna, dell’acqua e della fertilità. La loro ambiguità – spiriti notturni e benevoli, ma capaci di punire – rispecchia la visione siciliana del sacro come forza da rispettare più che da dominare.
Così, pur appartenendo a una matrice comune di miti europei sulle “donne selvatiche”, le Donne di Fora restano profondamente radicate nel paesaggio, nella lingua e nell’anima dell’isola. Sono la versione siciliana di un archetipo antico, in cui il potere femminile e la natura si fondono in un’unica, eterna danza.
Guarda il VIDEO per intero sul nostro canale youtube di “Il bosco delle streghe”, eccoti il link:
Iscriviti al nostro canale Youtube: IL BOSCO DELLE STREGHE!
Leggi anche: Numeri angelici – come ti parlano gli angeli?
Articolo scritto e pubblicato da: Il bosco delle streghe
#strega #stregareale #storiaantica
