Gladiatori: gli iniziati sacri! – storia, curiosità e mistero
Siamo tra le polveri dell’arena del Colosseo, dove il respiro diventa più forte delle urla degli spettatori seduti sulle gradinate. Quale sarà il nostro destino ora che si aprirà la Porta della vita? Secondo me era questo il pensiero dei gladiatori. Oggi parliamo infatti di gladiatori, gli iniziati sacri.
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Materialmente il gladiatore era un investimento, un corpo allenato per lo spettacolo, uno schiavo guerriero, ma nell’ombra delle celle sotterranei, dietro leoni e sotto le urla del Colosseo, si cela altro. Il gladiatore è più di un uomo, più di un guerriero armato, più di un Essere che lotta per la sua vita. Lui è l’archetipo, l’esemplare assoluto, dell’iniziato, colui che attraversa il fuoco della morte per rinascere.
La figura del gladiatore ha sfidato i secoli, nel senso che non è stato mai dimenticato. Perfino durante il periodo più nero del medioevo, in cui si giudicava la vita dissoluta degli antichi romani, ecco che il gladiatore ha conservato il suo forte simbolismo. Però, come tutte le cose, il tempo tende a modificare i significati originali oppure a trasformarli in base alle necessità correnti. Altre cose si dimenticano e rimangono leggende oppure stralci di racconti. Il gladiatore, fiero e possente, non era un coraggioso, ma un iniziato, il sommo sacrificio per devozione ai morti.
Ruolo del gladiatore
Magari il termine “ruolo” non è giusto verso una figura che sprigiona forza, vigore e anche virilità, ma, in una società, tutti hanno un proprio ruolo. Quello del gladiatore era il “guerriero” che però lottava per intrattenere il pubblico. Gli spettacoli, perché ad un certo punto, nella storia, Roma notò che i combattimenti fino alla mor…te erano amatissimi dal popolo, creò la Munera. La munera e la prima curiosità è proprio il nome di questi intrattenimenti. La munera nasce dal latino munus tradotto in: dono oppure in onere, cioè in “tassa dovuta”, ma non allo stato bensì a qualcosa che tutti dobbiamo affrontare prima o poi… la morte.
Vedete il problema di tutti, me compreso prima di scendere nella complessità di questa figura, è che noi conosciamo solo la parte finale della lunga storia dei gladiatori. L’apice del loro successo avvenne intorno all’anno 80 D.C, vale a dire quando vennero eseguite grandi costruzioni degli anfiteatri noti con il nome di Colosseo. Piccola parentesina, in tutto l’impero romano furono costruiti 230 antiteatri e in Italia ne esistono ancora 70 molto ben conservati, ma di altri sono rimasti solo i ruderi. Il più famoso è il colosseo di Roma, cioè l’anfiteatro Flavio, però l’arena di Verona, ancora oggi usato, era un anfiteatro tra i più grandi. C’è poi l’anfiteatro di Capua, secondo per grandezza al Colosseo di Roma, e altri 2 a Pozzuoli. Chiusa parentisina.
Le munera, gli spettacoli con i gladiatori, terminarono ufficialmente nel 404 D.c per ordine dell’imperatore Onorio che abolì questa usanza. Per circa 400 anni, i gladiatori erano letteralmente venerati, idoli delle folle e degli eserciti, ma prima dell’anno zero, qual era la verità di queste figure? Perché i gladiatori sono sempre esistiti?
Il nome segreto di Roma
Roma è stata costruita nel 753 A.c e pensate che i gladiatori già esistevano perché la fondazione di Roma, secondo la ricostruzione di Terenzio Varrone, venne festeggiata con un incontro tra:
- Duo colossi pro urbe aeternā deorum honorem certaverunt. – che tradotto significa: due giganti si sfidarono l’onore della città eterna degli dei.
Continua poi cosi: Et qui cecidit verum urbi nomen dedit, nomen morti datum atque secretum – E colui che cadde diede alla città il suo vero nome, un nome dato alla morte e al segreto. Infatti la leggenda vuole che il vero nome di roma non sia roma, ma un altro. Un nome usato solo nei culti misterici, dedicati ai defunti e al signore della mor… te. La leggenda, che poi è una profezia, ci rivela che: il vero nome di roma non dovrà mai essere pronunciato perché solo allora essa cadrà distrutta. Sono molti i testi realmente antichissimi, che affermano questo concetto e tra filosofi, tesi e appunto scritti, alcuni studiosi hanno compreso questa credenza, vale a dire che: se un giorno il nome di roma verrà rivelato la città sarò distrutta poiché il nome di un morto appartiene solo alla morte stessa.
Tant’è che addirittura nei culti misterici, in cui si usava dire il vero nome di roma, esso si sussurrava, in modo che nessuno potesse udirlo. Chi lo conosceva non lo aveva “ascoltato” da un altro, ma letto in simboli, parole e disegni. Ancora oggi ci sono migliaia di studiosi e addirittura finanziamenti per le ricerche per scoprire quale fosse il nome di Roma. Una profezia che è affascinante, legata al mistero e all’occultismo, come appunto i culti misterici connessi alle divinità antiche.
Romolo e Remo: pastori o gladiatori?
Volevo aprire una parentesi, ma dato quello che devo dirvi apro: parentesi tonda, quadra e graffa!
La storia di Romolo e Remo, i fondatori di Roma, la conosciamo tutti, ma la conosciamo nella forma che era popolare, tramandata direttamente alla popolazione ed è questa: Due gemelli, figli di marte e della vestale Rea Silvia, vennero abbandonati sul Tevere. Trovati da una lupa che li allattò e li affidò ad un pastore. I due divennero poi due pastori e si sottolinea spesso, nei racconti, che essi avevano la passione per il comando, acquistata dal controllare le greggi, ed erano abili lottatori dote acquisita quando dovevano proteggere il loro gregge da ladri e animali selvatici. Tuttavia un giorno decisero di fondare una città per avere libertà, potere e indipendenza.
Chiesero aiuto agli Dei e il padre, Marte, inviò un messaggio in cui decise che Romolo sarebbe stato il capo, il re della città che dovevano fondare. Costui fece un solco nel terreno ordinando al fratello di non superarlo. Remo invece lo sfidò superandolo e a questo punto Romolo uccise il fratello e dal sangue di Remo nacque Roma. Ora, piccola riflessione, questa storia non è simile a quella di cui vi ho parlato prima, vale a dire dei: due giganti che si sfidarono? Inoltre qui il sangue di Remo furono le fondamenta di Roma, però la morte di uno dei colossi, dei giganti, non diede il nome a Roma?
Quello che ho scoperto, diversi anni fa e di cui oggi ne parlo nei video, è questo. Furono due uomini a fondare Roma, due uomini della guerra, quindi probabilmente guerrieri, ma nella leggenda si parla di figli di Marte, cioè figli del dio della guerra. La verità è che purtroppo, nelle tante traduzioni originali di racconti orali, molte sono state le incomprensioni oppure le mal traduzioni o ancora le eventuali leggende di miti che possono aver confuso la verità originale. Infatti ci sono diverse leggende che poi si somigliano oppure che sono identiche, ma con diversi significati.
Ad ogni modo c’è un concetto che non cambia, vale a dire: Roma venne fondata da due uomini che lottarono tra loro e dove uno dei due morì! Possono essere Romolo e remo, forse erano due colossi o giganti, ma magari… erano due gladiatori! Tu che mi stai ascoltando cosa ne pensi di questa nuova verità, che poi tanto nuova non è poiché è un tema di discussione ancora molto accesso tra gli studiosi più accaniti.
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Gladiatori e rituali di morte
Nell’antica roma il gladiatore nasceva dal lantino: gladius, nome della spada corta, e ator, cioè colui che agisce o combatte. Qui nacque gladiator cioè colui che brandisce la spada. Ma… tremate, tremate, il ma è arrivato… Ma le sue origini preromane, dato che troviamo la sua immagine in incisioni rupestri appartenenti a: sunniti, osci, cioè primi uomini italici, poi negli etruschi e campani, erano appartenenti a dei rituali funebri con duelli cruenti. L’istituzione del munus, in seguito dei munera, da cui derivano i giochi gladiatori, nasce da questi rituali funebri che sono un omaggio rituale ai defunti, un’alternativa ai sacrifici umani, ereditata dalle prime popolazioni italiche di cui si ha memoria. Nei riti funebri, uomini armati decidevano, tramite il “duelo” o la lotta, chi sarebbe vissuto e chi no, “sacrificandosi” per il defunto.
I gladiatori, il cui nome originale non è conosciuto appunto perché appartenente ad una cultura più antica di quella romano, erano collegati a culti all’oltretomba e alle divinità degli inferi. Tra queste possiamo trovare: Nemeni, dea della giustizia divina o tassativa. Sappiamo di lei poiché, in svariati templi e anfiteatri ci sono chiari riferimenti ai gladiatori e al culto di Nemesi per degli epitaffi che attribuivano la responsabilità della morte del gladiatore, al destino o a inganni divini e non all’avversario, quindi a Nemesi stessa. Ci sono anche altre divinità a cui erano dedicati i loro scontri come: Marte, Ercole, Diana e lo stesso Ade.
Sacrificio del gladiatore
Date le origini di questa figura di guerriero votato alla morte, sappiate che il legame ai rituali dei defunti non è casuale. Come tutti i rituali più arcaici esso ha una sua storia. Nei popoli preromani (tra cui troviamo anche i celtici) la morte non era temuta, ma venerata o meglio era rispettata. Essa poneva termine alla vita terrena, ma esisteva una vita eterna, vale a dire quella della fama e del ricordo. I sacrifici u… mani erano importanti perché si lodava un dio, lo si manteneva buono perché costui o costei aveva ricevuto in dono la vita e il san… gue di una persona. Come sappiamo il san…gue era un qualcosa di importantissimo per la venerazione di entità e di qualsiasi tipologia di divinità.
Le lotte durante i rituali funebri, nell’epoca preromana, avvenivano quando moriva una persona importante della comunità: un capo, un valoroso guerriero, una guaritrice o un guaritore, un sacerdote o una sacerdotessa. Si eseguiva appunto per non lasciare solo la persona defunta, ma anche perché si supplicava il dio della morta di aiutare la Comunità inviando qualcuno che potesse avere le stesse doti del defunto.
Però: come si potevano scegliere coloro che dovevano combattere fino alla morte? Esistevano 3 modi diversi:
- Acclamazione
- Autocandidatura
- Soggetti stranieri
L’acclamazione imponeva poi alle due persone, di solito uomini, che erano stati proposti dalla comunità, di combattere. Costo non si potevano rifiutare perché altrimenti sarebbero morti entrambi. Colui che si rifiutava veniva “sacrificato” con disonore per non aver affrontato lo scontro. Mentre l’altro, veniva sacrificato perché comunque non era certo che in uno scontro sarebbe uscito vincitore, nel dubbio, si preferiva donarlo alla divinità in questione.
L’autocandidatura, che non era così rara per le tribù preromane poiché indicava un grande coraggio, diveniva comunque problematica quando c’erano tanti uomini. A questo punto si eseguiva un sorteggio e sarebbe stato il destino a decidere i due combattenti, e qui vediamo un richiamo alla dea Nemesi, essa è la giustizia divina, il destino che viene deciso dalla volontà divina. I soggetti stranieri erano: prigionieri, schiavi oppure appartenenti ad altre tribù. Essi dovevano lottare in modo da rispettare il culto e il vincitore sarebbe poi divenuto libero e un membro fidato della Comunità.
L’inizio del fuoco della morte
Tra i pochi, pochi reperti su cui possiamo fare affidamento per ricostruire il vero significato del gladiatore c’è quello che è rimasto invariato fino al 258 A.c. Vale a dire: l’iniziato. Lui è, simbolicamente, il fuoco (la vita) che attraversa la morte per rinascere. Questo lottatore ha un’esistenza che è segnata da una continua esposizione ai rischi e pericoli dati dai combattimenti. Continuamente è affiancato dalla morte ed è per questo che è una figura sacra che rappresenta la debolezza della vita poiché essa viene sempre stroncata, prima o poi, dalla morte stessa. Però il gladiatore ha due destini:
- Sopravvivere dimostrando che è più forte di questa “divinità” oscura
- Morire, ma vivere in eterno!
Il secondo destino sembra quasi senza senso, ma un senso c’è l’ha. Colui che lottava conquistava una notorietà, una fama, non indifferente perché era visto come la vita che lotta per non finire. Una volta defunto, il suo nome e le sue gesta sarebbero rimaste in eterno tra i vivi e questo voleva dire: rinascere e vivere in eterno.
Un gladiatore poi essendo una figura talmente importante, una volta defunto era trattato con cerimonie specifiche.
- Spoliarium: il corpo era trasportato nell’obitorio interno dell’arena, denudato e poi sgoz…zato per essere sicuro della morte
- Funerali rituali: In base alla fama e importanza del gladiatore si usavano delle stele funerarie che erano di legno e venivano bruciate insieme al suo corpo
Queste cerimonie erano rivolte al culto degli inferi che veniva placato solo con il san..gue versato, solo che tale “liquido” era usato anche in altri modi. Esso era raccolto è usato in alcuni rituali misterici, mischiato a bevande oppure per uso cosmetico poiché si credeva che avessero proprietà afrodisiache, si faceva bere a coloro che soffrivano di epilessia. Infine era bevuto da sacerdoti o veggenti (anche donne) per avere visioni.
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Anfiteatri: costruzioni esoteriche
L’apice della fama del gladiatore avviene nell’80 A.C, però essi erano noti nel centro Italia dove si tenevano i più grandi e feroci spettacoli. Negli anfiteatri romani si rispettava il legame con l’occulto e l’esoterismo. Essi erano creati rispettando caratteristiche “esoteriche”, cioè con una conoscenza antica appartenente agli antenati. Il Colosseo, nella sua geometria sacra, diventa non solo arena, ma un mandala, cioè un cosmo, romano: cerchio di sangue e destino. Infatti la sua forma era circolare. Le Cavae, cioè le gradinate, erano costruiti in modo da formare tanti cerchi interni, come una spirale. C’erano poi le porte d’entrata per il combattimento.
La porta della vita era quella da dove uscivano i gladiatori e gli animali da combattimento. Tale porta era posizionata, obbligatoriamente, a Est, dove sorge il Sole. Simbolicamente indica la vita che nasce. Il combattimento del Sole che vince sull’oscurità dove la sua luce ricaccia indietro le tenebre.
Poi c’era la porta Libitinaria o porta della Morte. La porta libitinaria era presente negli anfiteatri e presso il tempio di Libitina, dea dei funerali. Questo tempio era presente a Roma e cui si tenevano i funerali e la registrazione dei defunti. Negli o anfiteatri, la porta della morte era obbligatoriamente costruite a ovest, dove il sole tramonta. Simbolicamente indicava la vita che termina, il sole che cala ogni giorno indica la morte, la soglia dei defunti. Da qui uscivano i corpi dei gladiatori sconfitti.
L’arena o meglio il centro, era anch’esso un cerchio perfetto, ma soprattutto doveva contenere la sabbia. Questa non era una scelta, ma una caratteristica esoterica. La sabbia indica lo scorrere del tempo. Chi combatteva al suo interno era il ponte tra il visibile e l’invisibile. Morire davanti alla folla era forse meno cruento che morire dentro, senza aver mai combattuto. Tali caratteristiche le possiamo notare ancora oggi nel Colosseo a Roma, simbolo della città eterna. In base a delle effigi e tavolette funebri, si racconta che: Roma non morirà mai finché il Colosseo sarà in piedi questo perché al suo interno è stato versato del san.. gue. Insieme ad esso il segreto del suo vero nome la rende una città immortale.
Sacrifici antichi a Roma
Apro poi una parentesi storica: in un altro mio video, non ricordo quale, ho già accennato che l’usanza dei sacrifici um…ani, non era appartenente solo alle popolazioni preromane. In realtà Roma, nella sua espansione e evoluzione, diventando più “raffinata” trovava “barbaro” usare i culti antichi per i sacrifici “umani” invece, creare un culto, con la testimonianza del popolo, era sicuramente più “elegante”, diciamo così. Alla fine quindi la lotta dei gladiatori divenne un “sacrificio umano” agli Dei evidente sotto gli occhi di tutti e che garantiva benessere e benevolenza divina. Chiuso parentesi storica.
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Magia, maledizioni e sangue sacro
Uno degli aspetti che io ho trovato affascinante è quello della vita post mortem. Già ho accennato i rituali funebri che si usavano con i corpi dei gladiatori e dell’uso del loro san… gue. Ci sono poi gli ambienti sotterranei che divenivano il luogo dove l’anima di questi “guerrieri” rimanevano. In alcuni anfiteatri (come quelli di Cartagine, Treviri). Apro prima parentisina: Cartagine venne distrutta dai romani e poi la ricostruirono fondandola come una loro colonia e di conseguenza prese tutte le abitudini e i culti di Roma, compreso la costruzione di anfiteatro e la lotta tra gladiatori. Chiusa parentisina.
Nell’anfiteatro di Cartagine sono stati trovati numerosi blocchetti di piombo incisi con formule malefiche le defixiones. Maledizioni usate e poste vicino ai cadaveri dei gladiatori affinché i loro spiriti, sotto forma di entità soprannaturali, agissero sugli avversari ancora in vita. I proprietari dei gladiatori schiavi, perché spesso erano schiavi, facevano raccogliere il san…gue dei loro campioni morti per rivenderli. Come accennato in precedenza si usava anche per la creazione di cosmetici. Però l’uso più richiesto era nei rituali, nella creazione di filtri magici, come ci racconta Apuleio in tanti suoi scritti. Il san..gue e anche parti del corpo, come ossa o pelle, avevano una fortissima potenza esoterica.
Gladiatori: schiavi e uomini liberi
In base all’epoca che andiamo a ripercorrere troviamo diverse estrazioni sociali dei gladiatori. Inizialmente, tra epoca preromana e romana, si usavano gli schiavi o i prigionieri di guerra. Roma era in piena espansione e quindi c’era una grande quantità di queste persone. C’era poi bisogno di uomini da sacrificare e, Roma, preferiva non sacrificare i propri cittadini mostrando al popolo che benevolenza, protezione, generosità e “superiorità” della stirpe. Per quale motivo però questi uomini comunque preferivano sfidarsi nell’arena sapendo di rischiare la vita? Si faceva per:
- Migliori condizioni di vita
- Possibilità di liberazione
I gladiatori avevano effettivamente migliori trattamenti rispetto agli altri schiavi. Cibo tutti i giorni fino a 3 volte al giorno, pasti completi di carne, frutta e verdura. Dormivano in letti più comodi. Diritto a cure mediche di alto livello, paragonabili solo a quelli dei nobili. Svaghi al termine delle lotte come: vino e donne! I più famosi addirittura potevano essere pagati dai loro padroni oppure avevano la certezza che la famiglia ricevesse denaro per il loro sostentamento. Non venivano frustati o maltrattati. Essi dovevano solo sottoporsi ad allenamenti quotidiani e poi lottare durante gli spettacoli richiesti. Attrattive interessanti.
Libertà comprata
C’era poi la possibilità di essere resi uomini liberi tramite 3 modi:
- Riscatto
- Concessione del lanista (proprietario del gladiatore)
- Acclamazione del popolo
- Decisione dell’imperatore o del magistrato
Il riscatto avveniva quando il lanista, proprietario, concordava con il gladiatore che esso vincesse una determinata quantità di combattimenti. Considerate che però gli spettacoli non erano tutti i giorni, ma a date stabilite o per decisione dell’imperatore o ancora per casi eccezionali. Ciò voleva dire che il gladiatore poteva saldare questo riscatto a distanza di anni ed anni. Questo accordo avveniva tramite un contratto.
Un altro metodo di riscatto era il peculium. Praticamente il gladiatore aveva un valore economico che doveva ripagare, se voleva essere libero, al suo lanista, proprietario. Come guadagnavano i gladiatori? Ebbene tramite gli spettacoli con premi in denaro. Tanti imperatori mettevano in palio oro, argento, gioielli, bottini di guerra e perfino proprietà terriere. Tali premi rimanevano al lanista, proprietario, in modo che il gladiatore riscattasse la sua libertà. Tuttavia, il valore di quest’ultimo cambiava, perché si calcolava: costo di acquisto, di vitto e alloggio, di svaghi, abiti e perfino delle armi usate dal gladiatore stesso.
Oltre alla vincita dei premi in denaro, c’erano anche altri modi, per il gladiatore, di guadagnare denaro. Il fascino erotico permetteva, a molti di essi, di trovare donne, spesso matrone, che pagavano per avere dei rapporti carnali. Era il lanista che li organizzava e i gladiatori non potevano mai rifiutarsi. C’era poi la vendita di san… gue e sudore, da vivi, che comunque erano richiesti.
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Gli auctorati
Intorno agli anni 295 A.c. arrivarono gli uomini liberi che si proponevano come gladiatori, gli: auctorati. Si trattava di uomini poveri, di estrazione sociale bassissima, orfani, che avevano la possibilità di un riscatto sociale diventando gladiatori. Da un lato ciò propose una soluzione agli schiavi che iniziavano a scarseggiare perché ci troviamo in un periodo in cui l’Impero romano si era esteso e quindi la comparsa di tanti anfiteatri aveva reso l’arrivo di schiavi a Roma, per combattere nelle arene, troppo costoso.
Dall’altro lato però un cittadino romano che si proponeva per questo “lavoro”, diciamo, era mal visto, disprezzato. Lo stesso Cicerone li definiva: coloro che si vendono per la vergogna. Vi spiego cosa vuol dire. Ciò dimostrava che esistevano delle classi sociali, tra i cittadini romani, che mostravano la vergona del governo che li faceva vivere talmente nella povertà che essi erano costretti a vendersi alla morte. Praticamente gli auctorati erano la “vergogna” di Roma. Testimonianza che il governo, l’imperatore e i nobili, non stavano proteggendo i propri cittadini.
Tale disprezzo comunque non bastò agli auctorati che si continuavano a proporre come gladiatori poiché, bene o male, avevano un miglioramento delle condizioni di vita. Inoltre essi potevano ambire, diversamente dagli schiavi, al denaro. I premi in denaro rimanevano ai gladiatori che dovevano pagare al lanista (che per loro era il proprietario della scuola dove essi si addestravano e a di cui facevano parte) solo per: addestramento, armi e cure mediche. I gladiatori, se sopravvivevano, diventavano proprietari terrieri oppure benestanti. Avevano il diritto di smettere quando volevano.
Simbolo e sigillo del gladiatore
Il tatuaggio, che oggi è tanto di moda, nasce nelle tribù antiche. Piccola curiosità! Cittadini romani che erano soldati e i gladiatori, essendo figure importanti, dovevano subire delle incisioni e tatuaggi sul corpo. I soldati romani avevano l’obbligo di essere tatuati con la sigla S.P.Q.R sigla di: Senatur PopulusQue Romanus, cioè: proprietà del senato e del popolo romano. Infatti i soldati, anche se si pensa fossero liberi, in realtà erano considerati una proprietà privata di Roma. Un soldato che: scorticava, toglieva, anneriva o cancellava il tatuaggio, era considerato un uomo senza licenza e quindi un disertore. La pena che subivano, nella maggior parte dei casi, era condanna a morte oppure la scelta di combattere nell’arena come gladiatore.
Mentre i gladiatori avevano un altro simbolo che era un sigillo. Sul loro corpo doveva essere tatuato o inciso, tramite marchio a fuoco o incisione con coltello, il simbolo del: fuoco e del gladius (la spada corta tipica di questi lottatori). Alcune scuderie, cioè scuole di gladiatori, marchiavano a fuoco anche il proprio stemma sugli schiavi guerrieri. Il fuoco e il gladius erano simboli sacri che nessun’altro cittadino romano poteva incidersi. Anzi se qualcuno veniva scoperto con questo simbolo sul corpo, magari in bella vista su un braccio, era costretto, per legge, a combattere nell’arena. Ciò era considerato un atto sacrilego e costui non riceveva nemmeno un addestramento formale, era letteralmente una condanna a morte. Una curiosità interessante è che, insieme ai Cristiani, c’erano ragazzi che appunto si trovavano lì perché si erano tatuati o incisi il simbolo dei gladiatori.
Il fuoco indicava l’iniziato, quindi il guerriero, il gladiatore pronto a combattere contro la morte. Il gladius, la spada, era il simbolo del destino. Tramite il suo uso l’uomo decideva il suo destino, se vivere o morire. A differenza dei soldati, i gladiatori dovevano avere questo simbolo e sigillo perché aveva un significato sacro che non si doveva sprecare mai. Il significato era: egli brucia per illuminare la soglia tra il mondo degli uomini e quello degli dèi.
Nel momento in cui essi tornavano liberi, ricevevano il Rudis! Quest’ultima era una spada di legno che aveva un significato importante. Intanto indicava e rappresentava la libertà conquistata. Esso permetteva allo schiavo di divenire un liberto, quindi un cittadino libero romano. In generale indicava un ex-gladiatore libero quindi un rudiarius. A questo punto però era obbligatorio che il simbolo venisse cancellato poiché esis non erano più considerati figure sacre.
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Consegna del rudis
La consegna del rudis avveniva con un rituale cerimoniale. Nel bel mezzo di uno spettacolo, al termine di una lotta, veniva posto un palco al centro dell’arena. Il gladiatore prossimo alla libertà camminava verso il palco, facendosi largo tra il sangue o i cadaveri degli altri gladiatori che avevano combattuto pochi minuti prima.
Un cammino vittorioso poiché lui era sopravvissuto alla morte e per questo aveva il diritto, il potere e il consenso degli Dei oscuri. Una scena con un forte richiamo esoterico e la folla assisteva in silenzio a questo spettacolo. Il gladiatore si avvicinava al palco dove lo aspettava o l’imperatore stesso oppure il magistrato che aveva organizzato lo spettacolo, il munera. Porgeva il rudis, la spada di legno, e il gladiatore l’alzava al cielo tra le urla e applausi degli spettatori. A questo punto era libero, ma poteva decidere. Decidere se ritirarsi e quindi, negli obitori dell’arena, si passava al cancellamento del simbolo dei gladiatori oppure se continuare a combattere. Scegliendo di continuare doveva affrontare subito un combattimento in modo da far riprendere lo spettacolo.
Pare che comunque, erano davvero pochi, i gladiatori che decidevano di ritirarsi. Intanto erano pochi quelli che arrivavano ad avere il rudis. In secondo luogo, molti continuavano a lottare per la fama e la gloria, ma anche perché, da quel momento, ricevevano i premi in denaro e quindi conducevano una vita agiata, potevano tornare nella loro patria ricchi e potenti oppure garantivano un futuro alla loro famiglia.
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Articolo scritto e pubblicato da: Il bosco delle streghe
