ATTIS DALL’EVIRAZIONE ALLA PASQUA, – VERO SIGNIFICATO PASQUA!
Chi lo dice che ad avere delle amanti fossero solo le divinità maschili? No, no! A quanto pare anche le dee, sia nella mitologia romana che greca, erano delle libertine. Visitavano spesso gli uomini e non solo per creare eroi oppure dare consigli, ma per tanti altri motivi.
Una figura dal destino alquanto drammatico, è stato Attis, legato direttamente ai culti di aprile che oggi chiamiamo Pasqua. Giovane bellissimo, nato da un demone che divenne dea, amato da una dea e poi… castrato.
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Attenti al mandorlo!
Già la sua nascita di Attis è unica, particolare, stranissima. Inizia da un demone: Agdistis! Costui era una creatura ermafrodita, cioè con entrambi i sessi, e con un corpo androgino, cioè con caratteristiche sia da uomo che da donna. Divinità selvaggia e violenta, lussuriosa e promiscua. Possedeva una forza invincibile che nemmeno le divinità potevano contrastare. Tant’è che, per riuscire a limitare la sua possenza e pericolosità, gli stessi Dei decisero di castrarlo limitandone la forza.
Per compiere tale prodezza venne incaricato Bacco, il dio del vino. Costui sapeva di rischiare la vita se Agdistis si fosse reso conto del perché lo aveva cercato. Inoltre temeva la sua ira vendetta futura. Dunque escogitò un piano geniale.
Lo fece ubriacare finché Agdistis non crollo profondamente addormentato. Fu qui che Bacco agì.
Il dio gli legò i genitali con una corda. Agdistis si svegliò e Bacco provocò un forte rumore che spaventò il Dio intonto che alzandosi di scatto per fuggire si auto-evirò.
Perché lo trovo un piano geniale? Per due motivi. In primis Bacco lo aveva invitato a bere e non costretto, quindi non ne aveva colpa. In secundis, dato che erano ebbri sia Bacco che Agdistis, legare i genitali poteva essere vista come una “goliardata” da ubriaco e, per l’epoca, si diceva che: gli ubriachi non hanno mai colpa.
In questo modo Agdistis non poteva cercare vendetta poiché lui era stato artefici di questo triste risultato.
Cosa capitò dopo?
Dalla ferità sgorgò molto sangue che toccando terra fece nascere l’albero di Mandorlo. Apriamo la famosa parentesi. Il nome mandorlo significa: stai attento! Legato direttamente al mito di Agdistis quest’albero ricorda una morale, cioè: stai attento agli amici! Una morale curiosa che ho ritrovato in uno scritto, in pergamena, esposto in un museo a Palermo.
Dopo tale atto violento, Agdistis divenne una divinità femminile.
L’albero crebbe bello e rigoglioso, carico di frutti. Una ninfa di un fiume vicino, affascinata dalla bellezza dell’albero decise di mangiarne i frutti, rimanendo incinta. Il padre, sapendo della prossima gravidanza, la rinchiuse in una grotta condannandola a morire di fame prima che nascesse il bambino.
Tuttavia, Agdistis che vide la scena e seppe della gravidanza, fece crescere dei frutti vicino alla grotta e la ninfa riuscì a nutrirsi allungando la mano fuori la grotta per arrivare a questo cibo. Diede alla luce un bambino forte e bellissimo, che chiamò: Attis!
Agdistis è la Magna Mater o Cibele!
La contorta figura di Attis non è molto conosciuta, ma la sua storia era famosa e amatissima nell’epoca romana antica, tant’è che il suo culto è stato poi assorbito dalla cristianità diventando Pasqua.
Però prima di continuare dobbiamo ancora parlare di Agdistis!
Le fonti storiche, datate durante la seconda guerra punica, quindi nel 204 A.C. Rivelano che agdistis, divenendo una divinità femminile, si trasformò nella stessa Cibele, che appartiene alla mitologia della Frigia che ha influenzato la mitologia greca.
A Roma, questa divinità, Agdistis, divenne la Magna Mater, la grande madre terra, venerata nel tempio sul Palatino, vicino al Foro Romano. Associata al terreno, dea della natura, boschi e animali selvatici, dei raccolti e dell’abbondanza dei frutti.
Lei si spostava, da un luogo ad un altro, con un grande cocchio ed aveva il suo cocchiere personale, che era Attis!
Come mai abbiamo fatto questo appunto? Perché nella storia i due si incontrano ancora…
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Follia divina
Attis, dopo la sua nascita, venne prelevato da suo nonno e abbandonato sui monti. Trovato da pastori che lo crebbero come uno di loro. Divenne un giovane pastore di una bellezza unica, straordinaria. Forte, vigoroso e lussurioso.
Osservato da Agdistis, divenuto la Magna Mater, che se ne innamorò perdutamente. Non dimentichiamoci che, Agdistis, quando era un ermafrodito era un dio dagli insaziabili appetiti sessuali.
Ciò nonostante ad innamorarsi di Attis fu anche una giovane fanciulla figlia di un re che lo vide mentre egli pascolava il suo gregge. Quando Magna Mater scoprì che si sarebbe sposato, si ubriacò per il dolore e, sotto i fumi dell’alcool, gli confessò il suo amore.
Il giovane non sapeva di essere figlio di Agdistis divenuto poi una dea, cioè la Magna Mater, dunque non sapeva nemmeno di essere un semidio. Credendo di essere un semplice mortale non pensava di meritare l’amore di una divinità. Per questo si rifiutò a lei e decise di sposare la principessa mortale.
Durante il banchetto di nozze, Magna Mater si presentò con la sua forma maschile, cioè da Agdistis, poiché, nonostante non avesse più i genitali maschili, bastava un cambio di abito per sembrare un uomo. Ricordiamoci che il suo corpo era androgino!
La follia della festa
Venne accolto al banchetto come uno dei tanti ospiti che volevano “scroccare” del cibo. Fu qui che Agdistis agì e infuse in tutti i presenti, tramite i suoi poteri divini, un furore suicida.
La sposa di Attis, in preda al delirio, si tagliò le mammelle. Mentre Attis fuggì via, fermandosi sotto un pino. A questo punto Agdistis gli si presentò di fronte terminando il suo sortilegio e rinnovando la promessa di amore. Solo che Attis, ormai sconvolto dalle nozze, decise di auto-evirarsi e offrì i suoi genitali alla Dea. Un atto di sfida come a dire: per questo mi hai distrutto?!
Sanguinante si lasciò poi morire e dal suo sangue nacquero le viole.
Agdistis si rese conto della sua stessa follia e decise di vivere in eterno sottoforma di Magna Mater. Riportò in vita Attis facendolo divenire il suo cocchiere.
C’è poi una seconda versione che afferma che la dea decise di trasformarlo in Pino in modo che il giovane non morisse dissanguato, ma è anche per questo che il pino perde la sua resina che sarebbe il sangue che continua a sgorgare dalla sua evirazione.
L’amore di una madre e l’invidia di un padre
Secondo alcuni studiosi e filosofi romani, che hanno trascritto più volte la storia di Attis, esistono altre due versioni.
Iniziamo con la prima che chiamo: l’amore di una madre.
Siccome Magna Mater non poteva divenire madre e sapendo che Attis era suo figlio, nato dal mandorlo, lo vide crescere da lontano, ma si affezionò al giovane. Quando venne a scoprire che avrebbe sposato una mortale, non si diede pace poiché, Attis era un semidio. Per questo impedì al giovane di sposarsi perché desiderava un destino diverso. Quando il giovane stava per morire decise di averlo come cocchiere in modo che potesse avere suo figlio con sé in eterno.
La terza è ultima versione invece io la chiamo: l’invidia di un padre.
Agdistis ripiangendo di non essere più un Dio temuto e potente oltre a non avere più i suoi genitali maschili, guardava con invidia la bellezza e gli amori di Attis suo figlio. Escogitò quindi un piano per poter essere nuovamente un Dio maschio! Rovinò le nozze sconvolgendo la mente del giovane e qui gli chiese i suoi genitali. Infatti in tutti e tre le versioni c’è comunque l’atto di Attis di offrirli alla Magna Mater. Solo che quando si rese conto del suo peccato, per espiare la sua colpa decise di rimanere per sempre una dea femminile e di donare la vita eterna a suo figlio.
Resurrezione di Attis, la pasqua romana
Attis, oltre a divenire il cocchiere della Magna Mater, aveva dei poteri divini quali la primavera, vegetazione, rigenerazione e soprattutto la resurrezione. Questo non vi fa venire in mente nulla? Il collegamento con il concetto della Pasqua, appunto la resurrezione, non è cristiano o meglio è stato assorbito e associato al Cristo, ma in realtà è un culto esclusivamente romano rappresentato da Attis.
Venerato in tutte le sue forme primaverili. La cui morte e resurrezione era associato al ciclo vegetativo della primavera. Solo in seguito divenne il fulcro della credenza pasquale cristiana. I rituali a lui dedicati avvenivano tra il 15 e il 28 marzo, fino ad arrivare ai primi di aprile.
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Uova di Pasqua: Sapete cosa rappresentano in realtà?
Prima di iniziare questo capitolo “piccante” su cosa sono veramente le uova di Pasqua vi avviso che dopo averlo saputo non le guarderete più nello stesso modo!
L’usanza di regalare uova a Pasqua nasce nei culti romani dedicati ad Attis. Esse rappresentano semplicemente: i testicoli del Dio!
Aspettate parliamo del simbolismo in modo da capire l’importanza di questo gesto!
Attis dona i suoi genitali alla Magna Mater in modo che potesse tornare ad essere Agdistis, un Dio, e ciò rappresenta il sacrificio per permettere il rinnovamento o rinascita divina. Quindi le uova sono appunto il ciclo continuo di rigenerazione della vita. Tra l’altro, in questa epoca, la donna e i suoi genitali erano visti come “terra fertile”, ma i genitali maschili e l’uomo era intesi come il seme vitale, dunque vita! Il seme non dà vita senza terra!
Tuttavia tale sacrificio fece pentire la divinità del suo peccato e questo comportò la resurrezione di Attis, concetto cardine dell’attuale Pasqua.
Le uova quindi si regalano in modo da emulare, cioè ripetere, l’atto di sacrificio del giovane che richiama la rigenerazione, il rinnovamento della vita e viene benedetta da chiunque regali, in questi giorni. Regalare quindi le uova è un atto di fede, una preghiera pagana, una benedizione divina.
Culti romani del dio evirato e castrazione
I romani costruirono un tempio per onorare e venerare le due divinità, Magna Mater e Attis. Un tempio eretto sul monte Palatino, a Roma, vicino il Foro romano, luogo molto importante.
Al suo interno vi erano dei sacerdoti chiamati: Coribanti. Sacerdoti diversi dagli altri nei loro culti di venerazione che richiedevano:
- Balli e danze frenetiche
- Canti rituali
- Suono di tamburi assordanti
- Entrata in estasi o trance mistica con suono di tamburi e strumenti assordanti all’altezza delle orecchie
- Completa segregazione nel tempio
Tali rituali, che possono sembrare strani, avevano significati specifici. Le danze rappresentavano la vita dissoluta di Agdistis.
Canti rituali richiamavano la lussuriosa vita del Dio.
I tamburi e l’entrata in estasi mistica rappresentava l’ubriachezza del Dio quando Bacco lo evirò.
La segregazione completa invece è il simbolo dell’espiazione della Magna Mater che decise di imprigionarsi in un corpo da donna per la colpa del sacrificio di Attis.
L’ultimo rituale o culto dei Coribanti era quello più terribile. Per oltre 200 anni questi sacerdoti, venivano evirati durante la loro consacrazione e i genitali si offrivano al dio Attis come sommo atto di fede, promettendo quindi una devozione perenne.
Tale pratica fu eliminata perché, nel corso dello sviluppo della mitologia e potere romano, l’evirazione era un atto sacrilego perché offendeva l’idea stessa della virilità. Concetto base su cui si fondava la società romana.
In conclusione il culto di Attis aveva caratteri misterici ed esoterici. Gli iniziati abbandonavano il loro stato sociale per acquisirne un altro più puro e spirituale. Noi pensiamo che questa sia stata la nascita dei monaci nella religione cristiana poiché anch’essi abbandonano tutto per seguire un credo.
Evirazione del toro
In seguito all’eliminazione dell’evirazione dei Coribanti, ne venne adottata un’altra per ricordare e onorare Attis.
Tra le pratiche sacre c’era la cerimonia dell’evirazione di un toro. I genitali venivano offerti sull’altare e il suo sangue si versava sugli adepti che prendevano i voti da sacerdote.
Il toro era il simbolo della forza fecondatrice maschile. Durante tale cerimonia si svolgevano processioni e “lamentazioni” per la morte del dio. I sacerdoti si flagellavano e si ferivano. Il tutto era poi seguito da una danza ritmica ossessiva attorno ad un pino. Le musiche erano assordanti con tamburi che battevano freneticamente e ciò mandava in crisi estatiche o mistiche gli adepti. Si procedeva poi ad una sorta di funerale con il seppellimento di un pino e delle parti anatomiche tagliate dell’animale.
Nei giorni avvenire si trasportavano, in processione, le statue di Magna Mater e di Attis fino al Almo nell’agro romano, affluente del Tevere. Le statue venivano immerse nelle sue acque e lavate accuratamente per purificarle e poi riportate al tempio.
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Articolo scritto e pubblicato da: Il bosco delle streghe