Corona di spine del cristo: TUTTA un’invenzione, perchè?
La corona di spine non fu sempre parte della croce: nasce da simboli pagani, trasformati in potere spirituale e sacrificio nel cattolicesimo. Qual è il suo significato e perché è nata?
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Cos’è successo nel concilio di Nicea?
Prima del Concilio di Nicea nel 325 d.C., la Corona di spine non era un elemento presente o descritto nella morte di Gesù. I Vangeli non menzionano l’episodio se non in contesto: filosofico. Nei primi secoli del Cristianesimo, nessuna immagine di Cristo crocifisso era con la corona di spine.
Solo dopo il concilio di Nicea, in cui si discusse se Gesù Cristo fosse una divinità oppure un uomo, ecco che la situazione cambiò del tutto.
Apro piccola parentesi, anzi una “parentisina”: il concilio di Nicea, avvenuto nel 325 D.c, nacque proprio per discutere il problema nato per la presenza, nel territorio romano, quello italico, della presenza di due religioni, quella vecchia, quindi la mitologia romana, e quella nuova, cioè la religione cristiana. Dato l’aumento dei fedeli cristiani e la divisione della popolazione, ormai stremata da guerre, carestie e malattie, si doveva correre ai ripari.
Gesù cristo aveva sviluppato un nuovo “credo” e quindi era necessario renderlo divino perché un uomo non poteva sfidare le divinità. Ecco che il fulcro, il tema centrale del concilio di Nicea fu: Gesù è un uomo o un Dio? Quale fu la decisione? Uomo figlio di Dio, cioè: il figlio di Dio trasformato in uomo.
Chiuso parentesi, anzi parentesina.
A questo punto però, cosa indica la corona di Spine?
Comparsa della corona di spine
Perché allora la corona di rovi inizia a comparire dopo il Concilio? Esso non è un fatto storico, ma un simbolo perché ogni divinità esprime un concetto, un’idea e teologicamente essa è nota come: l’umiliazione regale di Gesù.
I Padri della Chiesa volevano tenere fede agli insegnamenti del Cristo, alcuni regali, come: amore, carità, compassione però uniti all’umiliazione, come povertà, condivisione, aiuto ai bisognosi. Dunque volevano che l’immagine, l’iconografia di Gesù, avesse una corona.
Tuttavia non dimentichiamo che, all’epoca, era ancora molto forte la presenza della religione pagana romana. Per questo, in qualche modo, si doveva comunque diminuire o meglio ridicolizzare il Cristo perché comunque era una nuova religione. Tant’è che molti partecipanti al concilio di Nicea, che erano di fede pagana, chiesero che la corona rappresentasse il Re dei poveri, dei falsi profeti e soprattutto dei ladri, poiché non dimentichiamoci che Gesù, nella vita reale, era stato più volte condannato per ladrocini. Quest’ultimo elemento rendeva il cristo umano ed è per questo che i pagani non volevano che ci fosse una vera corona sul capo di Gesù.
Nacque quindi una corona di spine, la corona regale di dolore.
Il Re degli uomini viene ridicolizzato con una corona, ma nel paradosso divino, è proprio quella corona che lo esalta spiritualmente. Un tema filosofico, un concetto profondamente spirituale.
Attenzione che questa visione nasce appunto da una mutazione di antichi rituali pagani romani in cui simboli vegetali spinosi erano legati alla punizione sacra o all’iniziazione. Non dimentichiamoci che, nel concilio di Nicea, c’erano, nella maggior parte, dei componenti politici e nobiliari di fede pagana. La corona, quindi, non è una presa in giro, ma un elemento rituale conosciuto e riutilizzato.
Dunque la corona di Cristo, come la conosciamo oggi, è una costruzione simbolica, rafforzata dalla teologia post-Nicea e dal bisogno di rappresentare la regalità sacrificale. Non esistono prove che un oggetto fisico di spine sia mai esistito. La sua forza è nel significato spirituale e iconico, non nella storicità materiale.
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La Corona di rovi: simbolo di divinità nella Roma antica?
La corona di rovi è legata, connessa strettamente, alle piante spinose e le ghirlande rituali impiegate nei culti delle divinità pagane. Soprattutto la ritroviamo nei riti di morte, purificazione e rinascita. Guarda caso, e io non penso che sia una coincidenza, tale corona viene posta sul Cristo che va verso la sua morte.
Ritroviamo elementi uguali, proprio uguali, in alcuni rituali di divinità famose a roma, come:
- Madre terra, i cui sacerdoti si infliggevano tagli durante il Dies Sanguinis, con spine e rovi.
- Bellona, dea strega guerriera. Nei rituali per pregare ed invocare Bellona, i suoi fedeli venivano feriti con spine, rovi e altre piante spinose. Il sangue poi rimaneva su queste spine in segno di offerta alla dea.
- Dioniso: in alcuni suoi culti, le fanciulle indossavano delle ghirlande fatte anche di rami contorti e talvolta spinosi, simbolo di passaggio, dolore e rinascita. Danzando esse si potevano pungere oppure graffiare, ma in modo lieve. Il sollievo che si provava dopo il graffio era visto come un simbolo di sofferenza e poi di rinascita.
Le ghirlande d’edera, rovi o rami selvatici diventavano segni d’estasi e sacrificio, anticipando l’idea della “corona che punge”, cioè della corona di rovi.
Nelle feste legate a Saturno o Fauno, spiriti vegetali e disordinati, l’uso di rami e fronde si univa all’ebbrezza, alla violenza rituale e al caos. I primi cristiani hanno reinterpretato simboli pagani, attribuendo loro un significato nuovo.
Sebbene la corona di rovi non appartenesse direttamente a una divinità specifica, elementi simili esistevano già nella religione romana poi assorbiti nel Cristianesimo come metafora della sofferenza redentrice.
Il significato dei rovi nella mitologia romana antica
Nella mitologia romana, i rovi non sono piante neutre: sono simboli di confine, selvatichezza e trasformazione. Crescono ai margini delle strade, invadono i campi, si arrampicano sulle rovine: rappresentano il caos della natura che resiste all’ordine umano, e per questo erano temuti ma anche rispettati.
Nella mitologia romana, i rovi erano considerati portali spirituali: attraversare un roveto significa varcare una soglia, entrare nel bosco sacro, nel mondo degli spiriti. Proprio per questo motivo, sognare o incontrare rovi durante i riti augurali o in visioni notturne e presagio di prove e dolori da affrontare.
I ramoscelli spinosi erano usati nei riti purificatori per “graffiare via” le impurità. I contadini romani, in alcune regioni, passavano sotto archi di rovi intrecciati nei riti di passaggio stagionali, come forma di espiazione simbolica.
Nel simbolismo mitico, i rovi richiamano la resistenza (sono duri da estirpare), ma anche il dolore necessario alla rinascita. Questo li rende affini a figure femminili arcaiche come Ecate o Bellona, divinità ambigue che governano dolore e trasformazione.
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Il vero significato della Corona di Cristo
Sono 4 i punti importanti che spiegano il significato della corona di Cristo:
1. Dolore che purifica
Nei racconti “non storici”, come leggenda o testo relisioso, la corona intrecciata di spine e posata sul capo di Gesù dai soldati romani per schernirlo come “re dei Giudei” per umiliarlo e dargli un’ennesima sofferenza. Ma nella visione cristiana, questo dolore ha un senso: non è solo punizione, ma è anche strumento di purificazione, accettato per amore e per la salvezza dell’umanità.
2. Sacro paradosso
La corona è un simbolo regale rovesciato: invece dell’oro ecco le spine. Invece del trionfo ecco il martirio. Questo ribalta il concetto umano di potere: il vero Re è colui che sacrifica sé stesso, non chi domina. Questa è la versione teologica della cristianità!
3. Protezione spirituale e simbolo iniziatico
La Corona di Cristo è vista come una corona mistica, simbolo dell’elevazione spirituale raggiunta attraverso la sofferenza e il distacco dall’ego. Le spine diventano porte attraverso cui l’anima si eleva, simili alle “prove” nei riti iniziatici.
4. Memoria e invito
Oggi la corona invita chi la contempla a non dimenticare il dolore innocente, ma anche a riflettere sul valore del sacrificio consapevole: quando si soffre per amore, per verità o per fede, si partecipa a un mistero molto più grande.
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Articolo scritto e pubblicato da: Il bosco delle streghe