Masca: la strega del piemonte – processi, storie e poteri
A differenza della strega delle fiabe o dei processi dell’Inquisizione, serva dichiarata del demonio, la masca o le masche, era una figura più sottile e inquietante. Non sempre era malvagia, ma mai innocente.
Guarda il VIDEO per intero sul nostro canale youtube di “Il bosco delle streghe”, eccoti il link:
Iscriviti al nostro canale Youtube: IL BOSCO DELLE STREGHE!
Le masche o masca apparteneva a un mondo di confine, dove la magia conviveva con la fede e il male con il bisogno di sopravvivere. Era il riflesso delle paure contadine, la personificazione del buio che ogni comunità temeva ma di cui non poteva fare a meno. Alcune masche guarivano, altre maledicevano; ma tutte vivevano nell’ombra, dove il mistero prendeva forma.
In questo video ci addentreremo nel mondo oscuro delle masche: capiremo da dove nasce la loro leggenda, come il popolo le temeva e le rispettava, e in che modo questa figura si è intrecciata con la storia del Piemonte. Scopriremo che le masche non sono solo un’eco del passato, ma un simbolo vivo del mistero, dell’ombra e del fascino che il lato oscuro esercita ancora sull’animo umano.
La masca differisce dalla strega classica proprio per questa ambiguità. Non è un semplice strumento del diavolo, ma un essere che incarna la doppiezza della natura umana: luce e oscurità, sapere e superstizione, solitudine e potere. Laddove la strega veniva giudicata e arsa, la masca restava nei racconti, nei boschi, nelle case isolate, custode di un segreto che nessuno poteva decifrare. Il suo potere non derivava dal demonio, ma da una conoscenza antica, pagana, radicata nella terra e nella paura.
Nelle notti silenziose del Piemonte antico, quando il vento soffiava tra le montagne e i campi si coprivano di nebbia, la gente sussurrava un nome con timore: “le masche”. Erano donne che vivevano ai margini dei villaggi, conoscevano le erbe, parlavano con gli spiriti e sembravano dominare forze che nessun altro osava evocare. Si diceva che potessero trasformarsi in gatti, corvi o capre, uscire di notte per compiere riti oscuri, attraversare i muri o rubare l’anima dei neonati. Nessuno le vedeva, ma tutti sentivano la loro presenza. Bastava un raccolto rovinato, un bimbo ammalato, una mucca morta senza ragione, e la voce correva: “È stata la masca”.
Nascita delle streghe masche
Il termine “masca” affonda le sue radici in un passato remoto, dove la lingua e la paura si intrecciavano. L’etimologia è incerta, ma suggestiva: secondo molti studiosi deriva dal latino masca, che significava “spettro”, “larva”, “demonio”. In alcuni dialetti gallo-romani, la parola indicava un essere maligno, un fantasma notturno che si insinuava nei sogni e nei corpi. Nella parlata piemontese, il termine ha conservato questo alone di oscurità, diventando sinonimo di strega, ma anche di presenza inquieta, invisibile, capace di muoversi tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Il primo uso documentato del termine “masca” appare in antichi atti giudiziari e religiosi tra il Quattrocento e il Cinquecento d.c.. In quegli anni, il Piemonte era attraversato da un’ondata di processi per stregoneria. Negli editti e nei verbali d’Inquisizione, la parola “masca” era usata per indicare donne sospettate di praticare arti proibite: evocazioni di spiriti, malefici, sabba notturni, trasformazioni in animali. Alcuni documenti del Ducato di Savoia descrivono le “masche” come “donne che si comunicano col maligno e volano nella notte per far danno ai cristiani”.
Le masche sono streghe nel senso classico, alcune erano considerate guaritrici: conoscevano le erbe, i rimedi, le preghiere per allontanare il male. Altre erano viste come donne possedute da poteri oscuri, in grado di rovinare la salute o la fortuna di chi le offendesse. In alcuni verbali erano descritte come demoni travestiti da donne.
Nominare una “masca” significava evocare il lato oscuro della realtà, il punto dove la superstizione diventava verità e dove la notte sembrava avere un volto.
Leggi anche: Il linguaggio dell’aldilà – La Metafonia, pratica
Il terrore delle masche
Nelle notti fredde del Piemonte antico, quando il silenzio dei boschi veniva rotto solo dal fruscio del vento tra i castagni, la gente si chiudeva in casa e si guardava bene dal nominare le “masche”. Solo nominare o dire “masca” rischiava di farle apparire. Bastava poco — un rumore nel fienile, un’ombra che passava dietro la finestra — per risvegliare la paura di queste donne misteriose, protagoniste di racconti che univano il mondo visibile a quello dell’oscurità.
La credenza nelle masche si diffuse soprattutto nel Cuneese, nelle valli alpine e nelle colline del Piemonte meridionale. Qui la vita era dura, segnata dal ritmo delle stagioni e dalla fatica dei campi, dai raccolti e allevamenti. I paesi erano piccoli, isolati, separati da boschi e montagne che proteggevano ma anche isolavano, imprigionando le comunità contadine.Fu qui che le streghe masche divennero la minaccia principale. Erano donne che abitavano le zone più remote, spesso vedove o solitarie, accusate di saper parlare con le forze della notte.
Il Piemonte di allora non era solo un luogo geografico, ma un terreno fertile per la superstizione. Le condizioni economiche erano precarie, la miseria diffusa, e la conoscenza scientifica limitata. Le malattie, le morti improvvise, i raccolti perduti erano eventi che non trovavano spiegazione razionale. Così il male veniva personificato nelle masche. Proprio durante la caccia alle streghe bastava uno sguardo, un gesto sbagliato, una parola fraintesa perché qualcuno, specialmente le donne, fossero indicate come “masche”.
Leggi anche: I fantasmi di Venezia, la serenissima maledetta
Non ti sposi? Sei una masca
Le masche o masca è descritta come una donna diversa dalle altre ed ha un vero e proprio elenco delle caratteristiche che la fanno rientrare in questa tipologia di strega. Prima di tutto viveva ai margini dei villaggi, da sola, in case isolate tra i boschi o vicino ai torrenti. Non aveva marito oppure era vedova e questo era un indizio che lei si era donata al demonio.
Qui apro una parentesi medioevale! In alcuni racconti medioevali, dove si elencavano le doti morali delle donne, c’erano anche quelle non morali, che però passavano in secondo piano. Una donna, nel medioevo, non poteva assolutamente essere verg…ine per tutta la vita. So che sembra un’assurdità, ma cerco di spiegarla. La donna doveva assolutamente sposarsi perché se non lo faceva voleva dire che ella si era “donata” a qualcuno o a qualcosa al di fuori del matrimonio ed è per questo che era disonorevole. Poco importava se una donna realmente rimaneva intatta, moralmente parlando, veniva etichettata come “immorale”.
Pensate che, nelle mie ricerche, ho anche trovato racconti in cui gli uomini che non trovavano marito per le figlie le facevano sposare con dei cugini oppure con mariti “immaginari” che erano di altre città o regioni, mai visti, che sparivano nel nulla dopo il matrimonio. Tale comportamento era perfino aiutato da molti parroci, ed infatti sono questi parroci che, conoscendo la mente dell’epoca, spesso si ritrovavano a convalidare o a dire di aver eseguito matrimoni segreti che invece non c’erano, perché i “mariti” non esistevano. Tutto pur di salvare donne che non riuscivano a sposarsi. Grazie ai loro scritti, nei diari o in confessioni ai vescovi, sappiamo di questa pratica.
Pratica “trova mariti”
Poi c’è una curiosità che io ho trovato realmente assurda. In molti paesi dell’entroterra, di solito estremamente isolati, nel corso dei secoli, le famiglie di poveri contadini e allevatori, che avevano come primogeniti delle bambine, in caso nasceva un maschietto, non lo riconoscevano. Costui cresceva in casa come un lontano parente o addirittura come un trovatello. Questo figlio maschio sarebbe poi divenuto, in caso le figlie non riuscivano a sposarsi, il marito delle figlie femmine. Tale pratica, nel primo medioevo, divenne diffusa, anche se non se ne parlava. Tanto diffusa che la chiesa, nel 1139 d.c, con il concilio Lateranense, fu costretto a mettere un divieto di matrimonio tra consanguinei fino al quarto grado.
Le uniche donne che non potevano avere marito erano le suore che però erano sposate al cristo oppure le perpetue perché serve di parroci o del clero. Ciò scatenò l’importanza di trovare marito a una bambina già in tenerissima età, era possibile organizzare dei “patti di matrimonio” quando la bambina aveva già 7 anni per sposarsi tra i 12 e i 17 anni. Arrivate a 25 anni, si era considerate “vecchie per il matrimonio”. Chiuso parentesi medioevale.
Leggi anche: Streghe della sicilia: le donne di Fora – stregoneria
Masche e mascun
Un’altra caratteristica delle masche era quelle di essere donne di mezza età oppure anziane piegate dal tempo con occhi piccoli, furbi e crudeli. Conoscevano le erbe, le fasi lunari, le parole giuste per curare o per maledire. In rare occasioni, la masca poteva essere anche un uomo — un “mascun” — dotato degli stessi poteri e avvolto dallo stesso sospetto. Però il mascun, cioè lo stregone, era meno temuto probabilmente perché l’essere uomo, nel medioevo, permetteva di evitare il processo e il rogo. Gli uomini accusati di essere dei mascun se la “cavavano”, diciamo così, incolpando una donna, una strega, una masca. Affermando di essere stati sedotti oppure ammaliati e, dato che le donne erano tentatrici, il mascun diveniva una vittima delle masche, ma ammettendolo la sua anima si purificava.
Diciamo che la figura femminile rimase dominante: la masca era colei che conosceva la lingua del maligno, che era la servitrice del signore oscuro perché divenuta anziana, ma sicuramente ne era stata l’amante quando era una fanciulla. Curiosamente in base all’età, l’inquisizione, faceva ricadere tutto sulla seduzione o sul lato ses…suale della donna, mentre l’uomo era sempre la vittima. Alle volte mi chiedo se il patriarcato si basi esclusivamente su “pene” e “vagina”, mha…
La chiesa contro le masche
In un mondo chiuso e in un’epoca dove ogni villaggio era un universo a sé, chi viveva ai margini o sfuggiva alle regole diventava sospetto. Una donna che non si sposava, che non frequentava la chiesa o che viveva sola veniva vista come un’anomalia della società, un’anomala a cui dare una spiegazione. Tale spiegazione era: la masca. L’accusa era facile e così le masche crescevano, diventando sempre di più, e con esse cresceva la paura collettiva.
La Chiesa e l’Inquisizione decisero di agire ed ebbero un ruolo decisivo nel trasformare la paura in persecuzione vera e propria. A partire dal XV secolo, le autorità religiose cominciarono a considerare le masche come servitrici del demonio. Nacquero i processi per stregoneria, e il Piemonte ne fu uno dei protagonisti. A Levone, a Rifreddo, a Sampeyre, gli atti dell’Inquisizione raccontano di donne interrogate, torturate, costrette a confessare. Donne spogliate della loro dignità e del loro nome vennero definite solo: le masche. Il rogo diventò l’epilogo di tanti di questi processi. Ufficialmente, il rogo, serviva a purificare il male o meglio la chiesa affermava che solo le fiamme riusciva a: purificare l’anima corrotta della strega e le fiamme ricacciavano il diavolo nel suo luogo, cioè l’inferno.
In realtà il rogo era il modo con cui la comunità si liberava dalla propria paura. Bruciando le masche, si bruciava l’incertezza, la malattia, la sventura. Io lo vedo come un vero e proprio sacrificio u…. ma… no, una delle pratiche pagane più antiche. Tra l’altro, apro una parentesi, io trovo incomprensibile che la chiesa, che doveva professare amore e carità, usasse delle pratiche di una religione, cioè della religione pagana, per eliminare un mito, cioè la strega, che lui stesso aveva creato. Un paradosso che però ha ipnotizzato la popolazione. Chiusa parentesi.
Leggi anche: Volti del Male: diavolo nei secoli, significato e iconografia?
I poteri delle masche
I poteri magici attribuiti alle masche erano numerosi e terribili. Si raccontava che potessero mutare forma, diventare gatti, corvi o cani neri per spiare e colpire i loro nemici. Potevano volare di notte, attraversare muri, insinuarsi nelle stalle per far ammalare il bestiame o far seccare le messi. Bastava il loro sguardo, dicevano, per far nascere un bimbo malato o far abortire una donna. Ogni disgrazia, ogni evento inspiegabile trovava in loro una causa. Quando un villaggio cadeva nella sfortuna, si cercava sempre una masca da accusare.
Le descrizioni dei processi, pur gonfiate dalla paura e dall’ignoranza, sono agghiaccianti: le donne confessavano, sotto tortura, di aver unto i loro corpi con unguenti magici, di aver cavalcato animali o scope, di aver danzato nude nelle radure illuminate da fuochi infernali. Si diceva che durante questi incontri ricevevano nuovi poteri in cambio della loro anima. Alcuni processi piemontesi del Quattrocento e Cinquecento — come quelli di Levone o Rifreddo — riportano accuse di banchetti blasfemi, dove le masche avrebbero baciato il demonio travestito da caprone e partecipato a orge sacrileghe.
Processi veri delle masche
I processi contro le “masche” mostrano quanto la paura potesse trasformarsi in violenza. Due episodi emblematici — Rifreddo e Gambasca (1495) e Levone (1474) — raccontano metodi, accuse e il ruolo sociale delle vittime con cruda chiarezza. Nel 1495, nella Valle Po vicino a Saluzzo, gli archivi conservano atti che documentano l’inchiesta contro nove donne accusate di “mascaria”, perché le masche era il nome delle streghe, ma la mascaria era l’arte oscura che esse eseguivano.
Quattro di queste donne provenivano da Gambasca. L’inquisitore Vito dei Beggiami guidò l’istruttoria: emergono nomi, confessioni e dettagli sulle presunte riunioni notturne, gli unguenti e i riti che secondo gli accusatori caratterizzavano le masche. I fascicoli — ritrovati e studiati in epoca recente — mostrano come la narrazione dell’eresia e del sabba fosse costruita attraverso testimonianze locali, spesso contraddittorie, e confessioni estorte.
Il processo di Levone, iniziato nell’agosto 1474, è un altro esempio lampante. Quattro donne — Antonia De Alberto, Francesca Viglone, Bonaveria Viglone e Margarota Braya — furono arrestate, interrogate nel castello di Rivara e sottoposte a pressioni tali da provocare confessioni e accuse reciproche. Due di loro furono condannate ed uccise pubblicamente: il rogo fu la sanzione ultima che sanciva la colpa del demonio e insieme la purificazione della comunità. Gli atti originali, con i numerosi capi d’accusa, sono conservati e hanno ispirato ricerche storiche in altre direzioni.
L’accusa di stregoneria
Questi casi rivelano meccanismi ripetuti. Prima veniva l’evento inspiegabile — morte del bestiame, epidemia, mortalità infantile — poi la ricerca di un colpevole all’interno del villaggio. L’accusa di stregoneria si strutturava su dicerie, sospetti personali, e su un immaginario già pronto: voli notturni, sabba, patti con il demonio, unguenti magici. Gli interrogatori, condotti con metodi coercitivi, trasformavano esitazioni in confessioni dettagliate, da innocenti a colpevoli. La donna che curava con erbe era dipinta come autrice di malefici. La solitudine, non essere sposate o vedove, diventava indizio di colpevolezza. L’età, anziane oppure di mezza età, era poi la comprova di colpevolezza.
Che cosa apprendiamo oggi da questi processi? Innanzitutto, che la persecuzione delle masche non fu solo fanatismo religioso, ma anche strumento sociale per spiegare l’inspiegabile e controllare il dissenso o, ancora peggio, eliminare chi dava fastidio. Tante donne erano proprietarie di terre che interessavano i vicini, nobili o addirittura la stessa chiesa. Le accuse seguivano logiche locali: conflitti personali, gelosie, litigi, coincidenze sfortunate. In secondo luogo, emergono le contraddizioni delle fonti: verbali pieni di inventiva e coercizione, ma anche documenti amministrativi che raccontano nomi, luoghi e date con precisione. Infine, resta la lezione umana: dietro ogni processo ci sono volti e storie spezzate, e la memoria di quei roghi continua ad alimentare la paura verso la stregoneria invece che eliminarla.
Guarda il VIDEO per intero sul nostro canale youtube di “Il bosco delle streghe”, eccoti il link:
Iscriviti al nostro canale Youtube: IL BOSCO DELLE STREGHE!
Leggi anche: 5 spiriti guida POTENTI: chi sono e come parlarci
Articolo scritto e pubblicato da: Il bosco delle streghe
#masca #stregheavvistate #horrorstory
