Satana – il signore dell’ira! Il “liberatore” – Storia
Satana, il grande avversario, il nemico di Dio e dell’umanità, ma tu sai chi è, cosa fa e soprattutto come può palesare la sua presenza? Vieni con me se lo vuoi conoscere.
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Satana è una delle figure più enigmatiche, con tanti punti interrogativi. Però è anche una delle creature più affascinanti della storia che ancora oggi incute timore e rispetto. Il suo nome deriva dall’ebraico śāṭān, che significa “avversario” o “accusatore”.
Non è sempre stato il re dell’Inferno, anzi: nelle prime scritture ebraiche, lui non era un’entità malvagia, ma una specie di “ispettore divino”, colui che metteva alla prova gli uomini per verificare la loro fede. Solo col tempo, e soprattutto con l’influenza delle religioni del pensiero dualista persiano, si trasformò nella personificazione del male assoluto. Preciso, per chi è nuovo a questo argomento, l’antica religione persiana era lo Zoroastrismo (fondato dal profeta Zarathustra o Zoroastro, intorno al 1000 a.C.). Il concetto fondamentale era che l’universo fosse governato da due forze opposte e coeternamente esistenti, cioè non possono esistere una senza l’altra. Queste due forze erano e sono, poiché esiste ancora lo zoroastrismo:
- Ahura Mazda → il “Signore Saggio”, dio della luce, del bene e della verità.
- Angra Mainyu (o Ahriman) → lo spirito distruttore, principio del male, della menzogna e del caos.
Questo è il dualismo cosmico: il mondo è un campo di battaglia tra bene e male, luce e oscurità, ordine e disordine.
Satana è il potere del male
Angra Mainyu, in pratica, svolge il ruolo che in seguito la religione ebraico-cristiana attribuirà a Satana: è il nemico, l’Essere supremo che si oppone a Dio. Lui tenta gli uomini, diffonde corruzione e dolore. Tuttavia, nello Zoroastrismo, il male non è eterno come il bene — alla fine dei tempi, Ahura Mazda vincerà, e il male verrà distrutto per sempre. Fu però con l’arrivo del Cristianesimo che questa entità assunse un ruolo più netto: Sata…na divenne il nemico di Dio e dell’umanità, colui che tenta, inganna e divide. In alcune traduzioni bibliche lui è il serpente del Giardino dell’Eden, l’essere che sussurra a Eva di assaggiare il frutto proibito, aprendo la porta al peccato originale. Però nelle scritture antiche, lui è l’ombra che sussurrò al serpente di corrompere Eva. Tra l’altro, se andiamo ancora più indietro, arrivando al libro della Genesi, scritto tra il 900 A.c e il 500 A.c. Lui fu la creatura che convinse Lilith, la prima moglie di Adamo, a trasformarsi in serpente per corrompere Eva.
Fu sempre lui che mise alla prova Giobbe, e più tardi tenta perfino Gesù nel deserto.
Dietro la sua ribellione si nasconde il più grande dramma cosmico di sempre unito ad una totale incomprensione della sua natura. Intanto Satana viene continuamente confuso con Lucifero, ma sono due entità del tutto diverse. Luciferoè il diavolo del peccato della superbia. L’angelo luminoso che si ribella al Creatore, desiderando essere Dio stesso. Da allora, precipita nelle tenebre, trascinando con sé una schiera di spiriti ribelli e tra questi ritroviamo anche Satana stesso.
Il sussurro malvagio
Fu colui che, preso dall’ira accusò Dio di preferire gli uomini alle entità celesti e inoltre fu lui che convinse e aizzò Lucifero, il Dio ribelle, aumentando la sua collera verso Dio stesso. Proprio le sue azioni, in un secondo tempo, nel tardo medioevo, convinsero la religione cristiana a fondere le due entità in una sola, creando confusione. Però il motivo fu questo: Lucifero sentiva di essere superiore a dio e quindi desiderava prendere il suo posto e Satana fu l’ira che convinse Lucifero ad agire.
Sono quindi complementari, ma entità totalmente diverse. Però tale insegnamento non venne del tutto dimenticato, nel senso che questa sua azione divenne talmente “eclatante”, cioè un diavolo che tenta un altro diavolo, che divenne, agli occhi della religione cristiana, il male assoluto.
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Il peccato capitale dell’ira
Satana non è solo male: è anche simbolo della libertà assoluta, del rifiuto delle regole divine, della ribellione che avviene con ferocia e cieca collera. Per questo è visto come un angelo ribelle caduto poiché percorrere la sua strada conduce inevitabilmente alla distruzione. È il signore dell’orgoglio, colui che si nutre del caos, e che nella tradizione cristiana è associato al peccato dell’ira — quella forza interiore che acceca, spinge all’odio e ci allontana dalla ragione. L’ira è un fuoco che divampa dentro di noi e, udite, udite, è una delle entità che ci è sempre vicino, se abbiamo un angelo custode, abbiamo anche questa entità che facilmente ci conduce all’ira. La tradizione cristiana considera l’ira uno dei sette peccati capitali, perché lei è la scintilla della ribellione. Ogni volta che non vogliamo fare qualcosa che ci viene imposto oppure quando ci arrabbiamo, perfino per una sciocchezza, come la signora con la famosa frase “ho solo questo da pagare” e ci supera alla cassa, ardiamo d’ira.
Il suo motto è: “Non servirò”. Frase che si usa anche nella sua evocazione.
Lui rappresenta la rabbia contro l’ordine divino, la volontà di imporsi con la forza invece che con l’amore.
Quando si unì alla ribellione, alimentandola, non era spinto dalla noia o curiosità: lo fece per orgoglio. Orgoglio nato e poi cresciuto perché gli uomini avevano libertà di scelta, una libertà che a lui non era consentito poiché, da angelo, doveva solo ubbidire. La rabbia di non essere l’eletto, di non avere il controllo, di essere una creatura invece che il Creatore. In quell’istante, l’ira cosmica esplose e il cielo stesso ne fu scosso.
Rabbia autodistruttiva
Indubbiamente questa entità, diavolo o demone, incarna l’ira cieca, però è anche un grande “insegnante”, nel senso che lui è l’esempio di come la rabbia cieca sia distruttiva poiché divora chi la prova. Non ha una logica, questa rabbia non cerca giustizia ma vendetta, che non vuole correggere ma punire.
Nel mondo umano, Satana si manifesta ogni volta che la collera ci rende ciechi: nei conflitti, nelle guerre, negli atti di odio e violenza che travolgono il cuore e la ragione. L’ira può anche avere un volto seducente: Satana ci fa credere che la rabbia sia forza, che reagire con furia significhi essere vivi e liberi. Oppure che dobbiamo cercare vendetta con la violenta, come una fiamma incontrollata, che ogni giorno si “autoalimenta” portandoci poi a distruggerci. A non provare più amore, ma continuamente odio, vendetta, essere superiore sui deboli, conflitti interiori. In molti testi teologici medievali, è descritto come il demone che guida i collerici. Egli soffia sulle ferite dell’animo, amplifica l’orgoglio ferito, trasforma la delusione in odio, le speranze in vetri infranti che graffiano, i sogni in polvere. È un maestro nell’accendere conflitti, nell’alimentare l’ego, nel convincerci che la nostra ira sia giusta perché appunto è nostra, quindi fa male. Ma dietro quel calore iniziale, resta solo cenere.
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L’esistenza di Satana sia l’Ira
Ora vi racconto una storia che ho trovato in un testo greco del 500 A.c che vi dimostra come questa entità già esistesse, ma non aveva un nome definito. In un piccolo villaggio di pietra, esisteva un uomo di nome Aristeo. Un contadino pacifico, ma un giorno, un suo vicino gli rubò parte del raccolto. Aristeo si sentì tradito, e quella notte, la rabbia gli impedì di dormire. Sognò un’ombra che gli sussurrava: “Non lasciare impunita l’offesa. Difendi il tuo onore.” La voce era calda, convincente, paterna. Aristeo si alzò e prese una torcia, deciso a incendiare il granaio del vicino. Ma mentre camminava verso il campo, sentì il battito del suo cuore diventare un tamburo di guerra. Ogni passo era un fuoco dentro di lui.
Quando arrivò, vide l’uomo dormire con i suoi figli. La torcia tremò. In quel momento, l’ombra alle sue spalle prese forma: un volto bellissimo, ma pieno di dolore e fiamme. “Io sono la tua giustizia,” disse. “Io sono l’ira che ti darà pace.”
Aristeo, sconvolto, capì che quella voce non veniva da Dio, ma da qualcosa di più antico e crudele. Con un grido, gettò la torcia a terra e cadde in ginocchio. Allora l’ombra si dissolse nel vento, lasciando solo un odore di zolfo e fumo.
Da quel giorno, Aristeo raccontò che un’entità malvagia di nome rabbia, non è mostruoso, appare come una voce dentro di noi, calda e comprensiva, che ci spinge a credere che l’ira sia giustizia. È in quel momento che comprendiamo il suo vero volto: non un mostro, ma un sussurro che trasforma la ferita in odio.
Come agisce questo demonio?
Il suo invito non mai un obbligo, ma una seduzione. Questa la sua arte raffinata. Non arriva con urla o minacce, ma con parole dolci e logiche apparentemente giuste. Sa entrare nella mente degli uomini, giocando con i loro desideri più profondi: il potere, la libertà, la vendetta, la conoscenza proibita, l’orgoglio e la supremazia. Si presenta come il liberatore. C’è però un motivo di questo “titolo”. Quando ci vendichiamo siamo soddisfatti, almeno all’inizio. Nel momento in cui dimostriamo la nostra rabbia siamo convinti di aver ferito qualcuno e quindi viene accarezzato il nostro ego. Come a dire: vedi, io che sono io, ed io sono importante, ti odio. Nella
Infatti fu Satana che convinse Lucifero a ribellarsi con queste parole: “Non hai bisogno di Dio, puoi essere tu stesso il tuo dio.”
Ti fa sentire che sei ingiustamente punito, ferito, che tutti c’è l’hanno con te perché tu sei migliore di loro. Ti fa credere che le regole divine siano catene, che la ribellione sia coraggio. Ma dietro quel discorso affascinante c’è la sua antica condanna: il desiderio di vedere anche gli altri precipitare con lui. I suoi seguaci, nella storia e nei racconti, non lo seguono per amore del male, ma per illusione di libertà. Lui promette tutto ciò che l’animo umano desidera: successo, potere, piacere, vendetta. Ma ogni suo dono è avvelenato, e dietro ogni promessa si nasconde un prezzo altissimo: l’anima. È abile nel mascherarsi con mille volti — a volte un amico che ti spinge alla rabbia, a volte una voce interiore che giustifica un torto. Ti fa credere che stai scegliendo liberamente, quando in realtà stai solo seguendo il sentiero che lui ha indicato. E la sua arma più potente non è la paura, ma la persuasione.
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L’aspetto dell’entità dell’ira: antichità, Medioevo e Rinascimento
Nell’antichità, questa entità oscura non aveva una forma precisa. Era spirito, ombra, vento. Nei testi ebraici più antichi non si parla di corna o zoccoli, ma di un’entità invisibile che agisce in mille modi. Alcuni lo immaginavano come un angelo ancora bello ma oscuro, con uno sguardo di fuoco e ali annerite. Solo più tardi, quando il male venne associato al mondo terreno, assunse tratti più concreti.
Nel Medioevo, l’immaginazione cristiana lo rese una creatura mostruosa: volto caprino, pelle rossa (bruciata durante la lotta) o nera, perché incenerita, occhi fiammeggianti, corna ricurve, ali di pipistrello e piedi caprini. L’immagine del peccato che si fa carne. Le sue rappresentazioni nei dipinti e nei mosaici servivano a spaventare i fedeli e ricordare loro cosa li aspettava se cadevano nel vizio. La sua coda lunga e la risata beffarda erano il simbolo della derisione verso Dio. Nel Rinascimento, invece, la figura si raffinò. Gli artisti, affascinati dalla bellezza perduta degli angeli caduti, iniziarono a dipingerlo con tratti nobili, quasi malinconici e occhi tristi. Pensiamo al Lucifero di Gustave Doré o ai demoni di Milton: non più bestie, ma esseri splendidi e tragici, corrotti dal loro stesso splendore. In quelle immagini, non è solo mostruoso, ma anche umano — riflesso del lato oscuro dell’uomo stesso.
Satana e le divinità preromane a cui assomiglia
Prima che il Cristianesimo dominasse l’Occidente, molte culture avevano già figure simili a Satana. Lui ricorda alcuni Dèi più antichi legati alla natura selvaggia e alla ribellione, come Pan dei Greci, Fauno dei Romani o Cernunnos dei Celti: entrambi rappresentati con corna, zampe caprine e legati agli istinti primordiali. Quando il Cristianesimo si diffuse, queste divinità vennero demonizzati, cioè reinterpretati in chiave negativa — ed ecco perché i diavoli, nei secoli, presero proprio quell’aspetto: metà uomo e metà bestia.
Altri studiosi trovano somiglianze con il dio mesopotamico Nergal, signore degli inferi e della guerra, o con Seth, l’antica divinità egizia del caos. In tutte queste figure si ritrova lo stesso schema: l’ordine contro il disordine, la luce contro l’ombra. Satana, dunque, non nasce dal nulla, ma è il risultato di una lunga eredità simbolica, dove le paure e i desideri dell’uomo antico si fondono in un’unica figura potente e terribile.
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Il significato filosofico e spirituale del demone dell’ira
Filosoficamente, Satana rappresenta molto più che un semplice “demone”. È il simbolo del libero arbitrio portato all’estremo, dell’uomo che sceglie consapevolmente di sfidare l’ordine divino. Nelle scuole teologiche antiche, lui è il principio del male, ma anche la prova della libertà: senza la possibilità di ribellione, non ci sarebbe merito nella virtù. Per i pensatori medievali come Sant’Agostino, il male non ha un’esistenza autonoma: è solo assenza di bene. Una creatura che si è allontanata dalla luce, e nella sua caduta ha generato l’oscurità morale. Ma filosofi più moderni, come quelli del Romanticismo, hanno visto in lui una figura quasi eroica, simbolo dell’uomo che osa dire “no” all’autorità divina per affermare sé stesso.
Nell’antichità, anche le scuole gnostiche consideravano Satana non solo un nemico, ma una forza necessaria per comprendere il mondo: senza l’opposizione, non esisterebbe la conoscenza. Così Sata…na diventa, in chiave filosofica, il “grande tentatore” perché ci costringe a scegliere, a definire il bene distinguendolo dal male. In fondo, la sua storia è anche la nostra: la lotta tra la luce e l’ombra che ognuno porta dentro.
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Articolo scritto e pubblicato da: Il bosco delle streghe
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