Cardea! Colei che apre la porta! Evocazione e Storia!
Cardea, dea liminale dell’antica Roma, custode del confine tra visibile e invisibile, tra caos e ordine cosmico, andiamo a conoscerla, sperando che ci apra la porta.
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Il suo nome deriva dalla parola latina “cardo”; che significa: perno, asse o cardine nel senso dell’elemento su cui ruota una porta. La connessione simbolica del cardine riflette il ruolo della dea Cardea come una: dea liminale! Partiamo da questo termine: liminale che non è comune, ma è arcaico, cioè antico. Tale parola nasce dal latino iniziale Limen che significa: soglia, confine, passaggio oppure “porta”.
Apriamo subito parentesi… subito, subito. Le divinità dei confini o dei passaggi sono coloro che hanno il potere di: attraversare i mondi, quello visibile e invisibile, ma soprattutto sono in grado di viaggiare tra il mondo dei morti e quello dei vivi poiché essi sono immuni alla morte! Diversamente ad altri Dei che, nonostante siano immortali, ripugnano la morte, le divinità liminali sono al di sopra di essa. Una caratteristica che appartiene esclusivamente alle divinità primordiali, primitive, coloro che sono nate dal Caos e che come il caos, sono eterne, immortali e universali, nel senso che sono cosmiche.
Un esempio di altre divinità liminali sono: Ecate, la trivia, Giano, il bifronte, Proserpina, in greco Persefone, moglie del Dio degli Inferi e padrone della morte. Chiusa parentesi.
La dea Cardea era quindi una protettrice delle soglie e dei passaggi, sia fisici che simbolici. Viene menzionata da Ovidio nei “Fasti”, descritta come una figura con poteri apotropaici, cioè capaci di allontanare il male in tutte le sue forme.
Origini della dea Cardea
Cardea rappresentava un’antichissima esigenza rituale: proteggere il confine, mantenere il male all’esterno, difendere l’intimità dello spazio familiare. Questa funzione era condivisa con altre divinità minori come Forculus (dio delle porte) e Limentinus (dio delle soglie), suggerendo l’esistenza di un culto articolato e profondamente radicato.
Le fonti principali che parlano di Cardea provengono dalla letteratura latina, in particolare dai “Fasti” di Ovidio, dove la dea compare come figura mitica e funzionale. Il racconto di Ovidio, pur poetico, è probabilmente basato su tradizioni religiose più antiche, oggi perdute.
Le origini del suo culto vanno cercate nella religione domestica dei primi Romani, contadini e pastori che vivevano in capanne e villaggi. In quel contesto, ogni elemento dell’abitazione aveva un valore sacro: il focolare, le pareti, il tetto e naturalmente la porta. Cardea era la personificazione sacra della porta, simbolo di passaggio ma anche di difesa.
Dea importante, ma perché minore?
Parlando di quello che si sa in modo comune sulla dea Cardea, si sa che lei aveva la funzione primaria di garantire la sicurezza cosmica impedendo l’ingresso alle forze maligne attraverso. Nella vita romana essa era presente, con immagine o con un ramo di biancospino sulla porta di casa. Invocata per proteggere i bambini dai pericoli sovrannaturali, dagli spiriti maligni ed entità degli inferi. Il suo culto, sebbene non ampio o popolare nella Roma moderna (intendo quella dell’Impero romano) come quello di altre divinità romane, era parte del sistema religioso romano volto a mantenere l’ordine e la sicurezza attraverso riti specifici legati agli spazi di passaggio.
Ma… ed i miei “ma” sono sempre lunghissimi, non è questa la sua essenza primaria o meglio quella primitiva. La dea Cardea è presente come entità superiore, già nella preistoria, vale a dire quando gli uomini preistorici non sapevano ancora parlare, ma sapevano disegnare. Proprio i suoi disegni sono, ancora oggi, elementi di studio, uno studio che però porta sempre più domande che risposte. La sua immagine, incisa nella pietra in tante zone antiche d’Italia e d’Europa, è similare ovunque e questo mi fa chiedere e vi chiedo: com’era possibile che una dea fosse uguale, nelle funzioni, poteri e significato, ma anche nell’aspetto, nel Sud Italia per poi ritrovarla uguale in Islanda oppure nella Turchia? A distanza di migliaia di chilometri, tra tribù che nemmeno si conoscevano, come potevano “vederla”? Alle volte mi chiedo se siamo noi che abbiamo perso il potere di vederli oppure se sono loro che non ci ritengono degni di essere visti.
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Divinità liminali: eccole!
Torniamo alle divinità liminali! Tra esse ritroviamo, come accennato in precedenza:
- Giano (Ianus) detto il: bifronte! Il Dio che aveva un solo imponente corpo e sulla testa due volti: uno giovane e uno vecchio, uno che guarda indietro e uno che guarda avanti. Il passato e il futuro.
Giano è un dio dei passaggi e delle soglie, tant’è che è lui la divinità che, a capodanno, noi andiamo a festeggiare con il passaggio e l’addio al vecchio anno e il benvenuto al nuovo.
- Poi c’è il Dio Forvlu, chiamato in seguito Forvlus e infine Forculus, anch’egli protettore delle porte o meglio delle piccole porte o porticine. Vi dico una curiosità, nelle rarissime immagini di questa divinità, esso aveva in mano un “forcone”, chi vi ricorda? Ditemelo nei commenti e fatemi sapere se vi interessa un video su questa divinità!
Toriamo anche Ecate, la trivia e Proserpina, che però, per i loro altri ruoli e poteri, sono rimasti e cresciute in forza, potenza e fama durante l’Impero romano. Per finire con: Terminus, Limentinus, Portunus, Lar (lares) e penatas.
Queste divinità rappresentano e sono testimonianze della complessa religiosità romana, che affonda le radici in quella primitiva, cioè dei primi uomini come Osci e Sunniti, ma addirittura di quelli primitivi. Un culto che unisce in modo stretto il mondo umano e quello divino. Il suo culto ci ricorda quanto i Romani fossero consapevoli dell’importanza simbolica dei luoghi di transizione e delle soglie, ma tale significato passò in secondo piano nella parte finale dell’epoca d’oro di Roma ed è per questo che ella divenne una dea minore.
Dea liminale: cos’è e a cosa serviva
Prima di continuare ci tengo a far capire, nel contesto della religione romana, cos’è una dea liminale. Una dea liminale è una divinità associata ai limina, ovvero alle soglie, ai confini e ai passaggi. Le divinità liminali avevano il compito di presidiare e proteggere i punti di transizione tra uno spazio e un altro, tra il conosciuto e l’ignoto, tra il sacro e il profano.
Loro erano considerate essenziali per mantenere l’ordine cosmico e sociale. I Romani attribuivano grande importanza ai confini e ai riti di passaggio, poiché temevano che durante i momenti di transizione potessero verificarsi interferenze da parte di forze caotiche o maligne. Una dea liminale fungeva dunque da custode spirituale, impedendo intrusioni di elementi pericolosi o destabilizzanti.
Gli Dei liminali non si limitavano a proteggere i confini fisici, ma anche quelli simbolici. Esse presiedevano i riti di passaggio, come la nascita, l’iniziazione, il matrimonio e la morte, tutti momenti in cui l’individuo cambiava stato sociale o spirituale. In questo senso, la funzione della dea liminale era anche psicologica e collettiva: aiutava la comunità a gestire il cambiamento e l’incertezza.
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La custode!
Cardea è una delle principali dee liminali. Proteggeva le porte delle case, ma anche metaforicamente l’ingresso nell’ambiente domestico come spazio sicuro e ordinato. Con il suo ramo di biancospino, benediceva gli ingressi e teneva lontano il male. Insieme a divinità come Giano (che controllava l’inizio e la fine) e Forculus (dio delle piccole porte), Cardea faceva parte di una triade di protezione architettonica e spirituale.
La loro presenza nel pantheon romano dimostra quanto la religione antica fosse radicata nella vita concreta: ogni elemento dello spazio abitato veniva sorvegliato da una forza divina. Le dee liminali come Cardea servivano quindi a “blindare” l’ordine sociale e cosmico, rendendo ogni passaggio sicuro, sia per il corpo che per l’anima.
Poteri della dea Cardea
Il potere principale della dea Cardea è quella di: “chiudere le porte al male”. Una chiusura finale. Tant’è che la sua evocazione divenne anche un modo di dire che ancora oggi usiamo, per esempio:
- Si chiude una porta e si apre un portone
- Ogni porta chiusa, indica un nuovo inizio
- Chiudi la porta e vai avanti
- Essere con le spalle alla porta
- Chiudere la porta in faccia
- Trovarsi con tutte le porte chiuse
- Restare fuori dalle porte
Tutte frasi comuni, ma che ogni volta che sono dette richiamano la dea. Ve ne cito qualcuna in latino perché queste non erano modi di dire, ma evocazioni e rivolte alla dea Cardea che era stata benevola.
– Verte ianuam in carduum deae et claude eam (PRONUNCIA: Verte ianuam in cardumdee et clodeam): tradotto: gira la porta dea Cardea e chiudilo fuori
– Manere extra ianuam, deam cardea (Diam cardea), che significa: resta fuori dalla porta, Apro parentisina: manere extra ianuam è una delle frasi più comuni usate durante gli esorcismi, sia delle case che delle persone, ma è stato tolta la frase finale, vale a dire: Deam Cardea (DIAM cardea). Chiusa parentesina.
Chiudere la porta non era solo un gesto fisico, ma una funzione magico-religiosa. Essa: impediva l’accesso a spiriti maligni, malattie, stregonerie e forze distruttive, a persone malefiche o al male che gli altri inviavano. Oltre che dea delle nascite!
Ovidio, nei suoi “Fasti”, racconta che Cardea usava un ramo di biancospino per scacciare gli spiriti e proteggere le case e le culle. Il biancospino è una pianta sacra e potente, capace di neutralizzare influenze negative ed è per questo la rappresentazione fisica della Dea Cardea. La presenza simbolica di questo ramo rappresenta la dea Cardea che purifica lo spazio rendendolo sicuro.
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Il potere nascosto di Cardea
Un altro potere significativo era il controllo simbolico del “passaggio”: Cardea consentiva o impediva l’accesso! Essa rappresentava la volontà divina nel regolare il flusso tra dentro e fuori, tra conosciuto e ignoto, tra ordine e caos.
Faccio una precisazione:
- Giano è il dio dei passaggi dei ponti, ma soprattutto del passaggio temporale: inizio e fine del giorno, del mese o dell’anno
- Ecate è la dea dei passaggi tra il regno dei morti e dei vivi
- Trivia la dea dei crocevia
- Forvlus o Forclus è il dio delle piccole porte
- Proserpina è la dea della porta del regno dei morti
- Terminus, il dio dei confini e delle pietre dei confini
- Limentinus: dio della soglia o meglio della linea a terra che delimita uno spazio tra dentro e fuori
- Portunus: dio dei passaggi dell’acqua (a cui si deve il nome dei “porti” di mare)
- Lar oppure Lares e Penatas: divinità e spiriti della soglia domestica o passaggio tra spazio sacro e profano
Chi manca? La dea Cardea, colei che è la dea della porta stessa, vale a dire: colei che apre e chiude le porte sia fisiche che spirituali.
Indovinato cosa apro? Non chiedo alla dea cardea di aprire la porta, ma la parentesi. Questa dea era spesso invocata durante alcuni rituali misterici che richiedevano: apertura della porta spirituale per connettersi alle divinità. Sia sacerdoti che sacerdotesse, per incantesimi oppure culti in cui c’erano anche sacrifici di san… gue, si usavano frasi come questa:
- Dea Cardea Pulso ianuam, me aspicio et decerno utrum aperiam an clausam relinquam, cioè: Dea cardea io busso alla porta, guardami e decidi di aprire o lasciare chiuso.
Oppure:
- Dea Cardea, aspice. Si haec oblatio acceptabilis est, aperi eam; alioquin, elige!, cioè: Dea cardea, guarda. Se questa offerta è bene accetta apri altrimenti scegli!
Dunque è a lei che ci si rivolgeva per arrivare a parlare o connettersi con entità maggiori, divinità o elementi più potenti.
Cardea e connessione con Giano
Cardea e Giano (Ianus) condividono la natura di divinità liminali: protettori delle soglie e dei passaggi. Tuttavia Giano fosse una divinità di rango più alto e avesse un culto più diffuso, potente e importante nell’antica Roma. Dio maggiore per il suo potere temporale, cioè sul tempo.
Tuttavia lui era legato strettamente alla dea Cardea perché lei poteva decidere se aprire o chiudere definitivamente una porta, non solo fisicamente, ma spiritualmente! In che senso?
Lei ha il potere di lasciare fuori le entità o energie maligne, il caos, oppure può decidere di farlo entrare. Cardea è la dea che permette l’ordine cosmico in modo da mantenere l’armonia e questo permette al tempo di scorrere. Non dico che è più potente di Giano, dio del tempo, perché il tempo è poi colui che consente al caos di generarsi. Dunque entrambi hanno lo stesso potere!
Giano era il dio dei nuovi inizi, delle porte e dei passaggi temporali: presiedeva agli inizi di ogni impresa e mese. Cardea, invece, è la custode silenziosa delle soglie: impedisce l’ingresso del male e protegge lo spazio sacro.
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Giano il seduttore… non tanto seducente
Secondo Ovidio, fu proprio Giano a conferire a Cardea il potere di proteggere le soglie, dopo un incontro mitico.
La bella Dea, prima di essere una divinità, era una delle tante ninfe dei boschi. Costei però respingeva tutti i suoi corteggiatori usando un trucco molto semplice. Li attirava in una grotta e poi fuggiva via. Tuttavia, Giano, sedotto dalla bellezza e dalla furbizia di Cardea, quando ella lo trasse in inganno, avendo due volti, riuscì a vedere le direzioni che Cardea seguiva per sfuggirgli e quindi riuscì a catturarla.
Cardea non voleva cedere alle sue lusinghe e Giano la prese con la forza. Ci sono molti affreschi, in diversi siti archeologici, tra cui in alcuni lupanari di pompei, che replicano proprio questa immagine e ciò dimostra che Cardea era una divinità nota.
Giano, in cambio del rapporto, la trasformò in una divinità con un potere pari al suo, per tre motivi:
- Il primo era quello di dare valore alla donna. La donna scatena il desiderio bestiale negli uomini e questo le dà un potere unico, non per sua colpa, ma per la sua natura.
- Il secondo era quello di sottolineare come: uomo e donna fossero complementari, hanno compiti diversi, ma di stessa importanza, non esiste uno senza l’altro, non c’è vita senza uomo e donna.
- Il terzo era che, in cambio del rapporto intimo, senza consenso, in qualche modo Giano voleva ripagare la perdita della donna e doveva farlo con un qualcosa che fosse di pari importanza.
Tra l’altro è proprio per il terzo motivo, che riassumo in: io prendo, ma ti pago, che tale immagine era spesso presente proprio all’interno dei Lupanari, dove le donne esercitavano il mestiere più antico del mondo.
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Sacrifici noti alla dea Cardea
L’evoluzione della dea Cardea si divide in 3 fasi: dea importante primitiva, culto romano e dea minore, come a dividerlo tra: pre-roma, roma e roma moderna (cioè l’apide dell’impero roano).
In queste diverse epoche i culti e le offerte a questa divinità sono diversi. Inizio proprio con quello della Roma moderna. Divenendo una divinità minore, nonostante la sua importanza atavica, ella divenne succube della “forza maschile” della vita di Roma e di conseguenza venne quasi declassata associandola a dea del focolare, ma anche dei rituali misterici.
Questa “dolcezza” o aspetto mite non richiese dunque delle offerte o sacrifici, bastava usare proprio i simboli della dea Cardea per avere la sua benevolenza o per pregarla. Tra questi troviamo:
- Appendere fiori di biancospino sulle porte, dentro e fuori
- Si usava spazzare la soglia di casa con scope di rami di biancospino quando si era incinte, prima del parto e dopo, ma anche quando ci si sposava oppure nei periodi di malattia
- Si offriva alla dea un oggetto sacro e protettivo in cambio della sua benevolenza e vigilanza su un altare in casa, vicino al focolaio oppure accanto alla porta
- Corone di biancospino era appese fuori la porta di casa
Naturalmente seguivano poi preghiere o invocazioni alla dea Cardea per avere la giusta protezione, ma… perché i miei ma sono truffaldini, sappiate che nei culti misterici era conservato il vero sacrificio alla dea Cardea.
Il vero significato del 31 dicembre
Una volta all’anno, nei giorni sacri a Giano, per noi sono il 31 dicembre e 1° gennaio, veniva ripetuta la scena della possessione di Giano. Si sacrificava una fanciulla pura, inseguita presa con la forza per poi ripetere il rituale del biancospino che però veniva “sporcato” di san..gue… virg…inale. Quest’ultimo veniva poi bruciato alla dea Cardea.
Altro sacrificio che non so quando sia nato, penso in epoca preromana che è poi continuata, è quello di mangiare le bacche di biancospino. Prima di continuare voglio spiegarvi che la pianta di biancospino è il simbolo della dea Cardea perché riassume la sua vita, il mito. I fiori sono bianchi come lo era lei prima di conoscere Giano. Con il tempo (cioè con Giano) si arriva alla fruttificazione creando delle bacche rosse. Le bacche rappresentano appunto il san… gue virg… inale della dea. Torniamo ora al mangiare le bacche che non vanno mangiate perché i semi sono tossici e creano convulsioni. Durante la cerimonia di venerazione alla dea, cibarsi delle bacche, permetteva di avere delle convulsioni dove si potevano avere dei messaggi da parte della dea. Tale pratica è poi caduta in disuso nell’antica Roma. Rimase solo il culto misterico della rappresentazione dell’incontro tra Giano e Cardea. Guarda il VIDEO per intero sul nostro canale youtube di “Il bosco delle streghe”, eccoti il link:
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Articolo scritto e pubblicato da: Il bosco delle streghe