3 Fantasmi Spaventosi: Storie vere su eventi reali!
Oggi raccontiamo 3 storie di fantasmi italiani che sono terrorizzanti.
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Il cavaliere e il negromante: Storia vera?
Questa storia di fantasmi e poi diventata una commedia satirica in versi scritta da Ludovico Ariosto, ma, in base anche alle stesse ammissioni di Ariosto, è tratta da una storia vera. Io sono andata a ricercare la realtà ed ho scoperto questo.
Ci ritroviamo tra il 1250 e il 1330, questa è la data in cui avvenne questo triste episodio che poi è diventata una commedia da ridere.
Guglielmo Cinto era un giovane cavaliere, figlio adottivo di Massimo Cinto, che non poteva avere figli, e suo unico erede. Costui voleva un buon matrimonio per il figlio che aveva cresciuto come se fosse suo. Però Guglielmo era già innamorato di una povera fanciulla di nome Lavinia.
Nella commedia c’è una intricata storia di, doppi matrimoni, impotenza, adulterio e via dicendo. Nella realtà successe che, Lavinia rimase incita di Guglielmo I due non erano sposati e questo voleva dire che il bambino sarebbe nato come un “illegittimo”, non degno di portare il nome della famiglia: Cinto.
Il giovane decise di farsi coraggio e dirlo al padre! Però ammise che non avrebbe mai sposato Lavinia che non era del suo rango e che avrebbe sposato la donna scelta da lui, tale Emilia, nobile e giovane fanciulla, bella, ma soprattutto ricchissima. Guglielmo desiderava Lavinia come sua concubina e, dopo il parto, il bambino sarebbe stato affidato alla chiesa per espiare il “peccato” della sua nascita, cioè quella di essere nato al di fuori del matrimonio.
Suo padre, rendendosi conto dello scandalo, abbreviò i tempi del matrimonio. Parlò con Lavinia richiudendola in una stanza della sua enorme abitazione, lasciandole solo un’ora al giorno d’aria per passeggiare nei giardini. Costei, per il dolore di sapere che Guglielmo avrebbe sposato un’altra donna e che gli sarebbe stato tolto il bambino appena nato, non disse più una parola.
Guglielmo ed Emilia si sposarono in pochi mesi. Un giorno lui decise di far compagnia a Lavinia durante la sua passeggiata. La giovane era ormai al sesto mese e quando venne raggiunta dal suo ex amante gli disse: sappi che questo sarà l’unico figlio che avrai. Prese un coltello colpì Guglielmo all’inguine e poi si tagliò la gola, morendo.
L’impotenza di Guglielmo
Dal giorno della morte di Lavinia, Guglielmo cambiò profondamente! Divenne silenzioso, si concentrò sulla sua “carriera”, passatemi il termine, da cavaliere. Le notti le passava nella cappella privata a pregare.
Emilia si stancò di quella situazione e si lamentava, con il suocero, che il marito non passava più le notti con lei. Costui cercò più e più volte di convincere il figlio ad andare avanti fino ad ordinargli di avere almeno un figlio, un erede, con la sua attuale moglie, cioè Emilia.
I due giacquero insieme, nello stesso letto, per oltre un mese, ma Emilia tornò a lamentarsi con il suocero dicendo che Guglielmo era divenuto impotente!
Parlando con il giovane cavaliere scopri che il fantasma di Lavinia lo stava perseguitando! Quando lui si avvicinava alla moglie vedeva lo spettro di Lavinia che lo guardava negli occhi. Alle volte la vedeva in piedi, dritta come una colonna, proprio sul luogo dove si era uccisa. Quando pregava udiva, nella capella, il ridere di un bambino oppure una piccola ombra si nascondeva quando lui camminava. Le notti che trascorreva con la moglie, vedeva Lavinia che, per tutta la notte, gli ripeteva, sussurrandogli all’orecchio: Questo era l’unico figlio che avresti potuto avere!
Vennero eseguiti riti di purificazione, orari di preghiera, esorcismi, però la situazione non cambiò. Fu il prete della sua capella a dire che occorreva un negromante per parlare e placare l’ira di Lavinia.
Il negromante!
Prima di continuare apriamo una parentesi per spiegare cosa sia un negromante! Costui è un mago, uno stregone, un medium in grado di parlare con i defunti. Il termine nasce dalla parola greca: nekros, cioè morto e manteia: Divinazione. Dunque il termine negromanzia significa: Divinazione attraverso i morti.
Chiudiamo la parentesi.
Padre e figlio decisero di trovare un negromante ed in effetti lo trovarono. Costui si trasferì nell’abitazione dei Cinto per capire cosa stesse succedendo ed ascoltò le testimonianze perché, da quando il negromante arrivò nella casa, Lavinia venne vista da altri servi e dalla stessa Emilia.
Pare che il negromante riuscì a parlare con Lavinia che gli disse: l’unico modo per farmi andar via è che Emilia rimanga incinta del sangue dei Cinto! Situazione impossibile visto che lo stesso Guglielmo era divenuto impotente a causa di Lavinia.
Ora non ci sono informazioni chiare, ma posso fare una ipotesi su dicerie e malignerie dell’epoca. Si organizzò una cena dove fu invitato il cugino di Guglielmo che, in caso lui non avesse avuto eredi diretti, la sua ricchezza sarebbe passata, per discendenza, a quest’uomo. Purtroppo non ho trovato il nome.
Alla cena erano presenti: cugino, Guglielmo, il padre, Emilia e il negromante. Mentre l’ospite, cioè il cugino, dopo la cena era particolarmente euforico, Emilia venne colta da una forte sonnolenza.
Tirando le somme, qualche settimana dopo, Emilia era incita! Fu qui che il fantasma di Lavinia sparì!
Secondo me Lavinia raggiunse la sua totale vendetta: aveva umiliato la donna che gli aveva rubato il suo amante perché incinta di chissà chi. Aveva punito il padre di Guglielmo che desiderava un erede diretto crescendo un bambino di chissà chi. Aveva punito lo stesso Guglielmo, che la voleva solo come amante e non come sposa, rendendolo impotente! Giunta alla sua vendetta, e poi sparita.
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Il prete cane
Questo fantasma è molto famoso in Toscana e in Emilia Romagna. La voglio raccontare per
Tutto inizia nella metà del 1100 D.C. in una chiesetta che apparteneva alla nobile famiglia Guidi. Essi avevano un vastissimo feudo tra Emilia Romagna e Mugello, Toscana.
Un giorno arrivò un prete che, dopo innumerevoli lettere alla famiglia Guidi, costui gli affidarono una chiesetta in un territorio paludoso composto da villici che erano contadini e allevatori.
Inizialmente il prete si fece ben volere. Sapeva parlare e convincere, ammalia con le sue messe e le sue parole erano dolci come il miele. In molti si fidavano di lui, ma, dopo essersi conquistato la fiducia dei Guidi che ricevevano lodi del prete, ecco che lui fece vedere la sua vera natura. L’uomo era stato allontanato dalla chiesa e, anni dopo la sua morte, si venne a sapere che era stato addirittura scomunicato. Ciò spiegò come mai l’uomo scrisse di persona alla nobile famiglia e non fu la chiesa a scrivere.
Negli anni in cui fu in vita, costui, di cui non sappiamo il nome, si macchiò di: violenze intime su giovani fanciulle, di furto, corruzione e blasfemia. Addirittura si dice che eseguisse dei sabba con giovani donne e avvenenti uomini del villaggio. Tra i villici si sparse la voce che la chiesetta era ormai comandata dal diavolo!
Morte senza processo
Ormai terrorizzati dalla convinzione che ci fosse il demonio, i villici, non osavano lamentarsi presso la famiglia Guidi temendo anche la loro punizione, magari raggirati dal prete oppure anch’essi corrotti nell’animo.
Così, una notte, intervennero direttamente. Coperti da maschere di panno, per non essere riconosciuti, armati di acqua benedetta, sale, crocefissi e forconi, assaltarono l’abitazione del prete. Lo picchiarono, benedissero con preghiere, lo legarono e trascinarono via. Diedero fuoco alla chiesetta, nella convinzione che solo distruggendola il demonio non sarebbe più tornato.
Il prete intanto chiedeva pietà, perdono e di essere sottoposto ad un processo. Però, i villici, sapendo la sua grande arte oratoria, avevano le orecchie tappate di cera o lana, in modo da non udire le sue parole, maledizioni oppure i suoi incantesimi. Lo trascinarono fino al cimitero.
Cosa fu del prete? Apriamo una parentesi, ci troviamo nel 1100, pieno medioevo e caccia alle streghe. C’era la convinzione che uccidere direttamente, senza l’intervento della chiesa, una strega, adoratore di satana o il diavolo in forma umana, volesse dire attirarsi la maledizione della dannazione per sempre da parte del signore oscuro.
Dunque, essi decisero di non ucciderlo, ma di seppellirlo vivo!
Fantasma del prete cane
Al termine della sepoltura. Alcuni uomini e donne decisero di togliersi la cera dalle orecchie e dissero che udirono, dalla terra, un lamento come un guaito di un cane seguito da una specie di latrato furioso.
La notte in cui avvenne questa esecuzione violenta, senza processo, era una notte di luna piena. Da allora, solo nelle notti di luna piena è stato visto più e più volte, presso la chiesetta, attorno al cimitero e nelle strade che collegano questi due luoghi, un prete che cammina, guaisce, si lagna e alle volte fa forti rumori.
La visione terrorizzante avviene ancora oggi. Inoltre, nel corso dei secoli, molti viandanti, sono stati ritrovati morti ed altri spaventati da questo fantasma!
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Il carbonaio di Niversa!
Esisteva un carbonaio che iniziò a lavorare presso il Conte di Niversa, nella sua tenuta. Ci troviamo tra il 1201 e il 1300. Purtroppo non ho trovato la data esatta poiché, questo racconto, è poi diventato una leggenda tradizionale.
Ad ogni modo questo carbonaio era una persona retta e corretta, di forte fede cristiana, umile e disponibile. Il suo lavoro era quello di creare il carbone. Per chi non lo sapesse, il carbone, anticamente, veniva prodotto nei boschi bruciando la legna in una grande fossa.
Nella tenuta del Conte di Niversa, tale fossa carbonaia si trovava nel bosco. Arrivò quindi il momento di produrre la nuova scorta per l’inverno. A questo punto, il carbonaio, si recò nel bosco e iniziò ad accendere la fossa e ad alimentarla.
Tuttavia gli capitò qualcosa di assurdo. Nel momento il cui la brace era all’apice del suo calore, arrivò un oscuro cavaliere in groppa ad un cavallo maestoso e anch’esso nero. Attorno a loro c’era uno strano alone di fumo e nebbia. Gli occhi del cavaliere erano fiammeggianti e, incredibilmente, il suo volto non era ben definito, visibile, aveva il pallore della morte.
Di fronte al suo cavallo si palesò, dal nulla, una bella donna, nuda e con i capelli spettinati che fuggiva via gridando terrorizzata.
Le due misteriose figure si stavano avvicinando al carbonaio che, improvvisamente, non poteva più muoversi.
La donna cadde a terra. Il cavaliere scese ed estrasse un coltellaccio dalla sua cintura piantandolo nel bel mezzo del petto della poverina. Costei non morì sul corpo, ma il suo sangue iniziò ad uscire copioso. In breve tempo era puzza. Il cavaliere per nulla intenerito dalle lacrime e dalle suppliche della donna, l’afferrò per i capelli e la trascinò vicino alla fossa dove ardeva la brace rovente e la gettò al suo interno, leggera come se fosse un fascio di rami secchi.
Il corpo iniziò a bruciare lentamente mentre il carbonaio sconvolto riuscì ad alzare gli occhi verso il cavaliere che, a sua volta, lo fissava. Ad un certo punto il cavallo nitrì, il cavaliere issò il resto del corpo della donna, mezzo bruciato, lo mise in groppa al suo destriero e camminando lentamente verso la direzione da dov’erano arrivati, sparirono in una nube.
A questo punto il carbonaio riuscì nuovamente a muoversi. Sconvolto si lasciò cadere a terra. Appena ebbe la forza di rialzarsi, corse dal suo parroco per confessare ciò che aveva visto.
Lavora e sta zitto!
Come mai il carbonaio andò direttamente dal suo parroco a confessare quello che aveva visto? I motivi, secondo quello che ho scoperto, sembra fossero due.
Il primo: temeva di essere impazzito e siccome era da poco che lavorava per il conte di Niversa, non voleva essere cacciato perché lo si riteneva un folle.
Il secondo: dopo la scomparsa del cavaliere, avvertì nell’aria un forte odore di zolfo. Lo zolfo è l’odore del diavolo che, dopo le sue apparizioni, permane per qualche minuto.
Mentre era in confessione dal parroco, l’uomo rivelò tutto quello che aveva visto, ma la cosa che gli parse ancora più strana, fu che il sant’uomo, non era sorpreso. Anzi gli disse che da tempo, questo cavaliere, veniva avvistato solo da chi accendeva la fossa del carbone.
Pare che solo nell’ultimo anno, i carbonai assunti e che poi erano andati via dal Conte di Niversa, erano stati più di 8. C’era chi aveva già parlato del fantasma del cavaliere e proprio per questo quella fossa per il carbone si accendeva il meno possibile perché maledetta!
A questo punto il carbonaio non sapeva cosa fare e il parroco gli disse: tu lavora e sta zitto! Se rivedi quel cavaliere prega.
Chi è il cavaliere oscuro di Niversa?
Nei giorni avvenire il carbonaio cercò di non accendere nuovamente la fossa e questo gli permise di lavorare tranquillo. Non vide più i tre fantasmi, cioè: il cavaliere, la donna e il cavallo. Però un giorno gli venne ordinato di continuare a procurare la scorta di carbone e questo voleva dire accendere nuovamente la fossa.
Timoroso e da solo nel bosco, il carbonaio, stringendo la sua croce, tornò a creare la brace. Quando essa nuovamente si riempi e tornò ad essere rovente, ecco che in lontananza udì gli zoccoli di un cavallo avvicinarsi. Fu costretto nuovamente a rivedere tutta la scena, con il corpo della donna che bruciava a sfrigolava, avvertendo il puzzo di carne arsa.
Il carbonaio questa volta decise di parlare con il conte di Niversa, in modo da trovare una soluzione, come cambiare la fossa per il carbone oppure avere un aiutante per non essere da solo durante questa visione e il conte gli raccontò la storia del cavaliere di Niversa.
Passione e assassinio
Il Conte, sospirando rivelò al carbonaio che anche lui li aveva visti e purtroppo li aveva anche riconosciuti. Inizialmente, oltre 7 anni fa, non credette al carbonaio che c’era allora, e volle vedere con i suoi occhi.
Il cavaliere lui lo aveva conosciuto in vita, quando era ancora un bambino, è si chiamava Gufredi! Costui si innamorò perdutamente della moglie di un altro suo cavaliere, tale Berlingheri. I due uomini erano migliori amici uno dell’altro, ma un giorno Berlingheri decise di sposarsi con una donna dal nome Beatrice. Guffredi se ne innamorò già quando la vide con gli abiti da sposa.
I due divennero amanti e, in un momento di folle passione, la donna uccise il marito con un pugnale nel cuore. La morte venne celata, nascosta da Guffredi che spostò il cadavere di Berlingheri e disse che erano stati assaliti e qui l’altro cavaliere era morto.
Dato il periodo di continui assalti da parte di ladri e altri cavalieri, nel feudo di Niversa, tutti gli credettero. Però iniziarono i rimorsi. I due continuarono ad essere amanti e beatrice pianificava il suo prossimo matrimonio. Quando il cavaliere seppe della decisione di Beatrice, iniziò a sospettare della sua amante.
Gli giunse voce, da una serva, che aveva visto Beatrice accendere delle candele e bruciare delle erbe su un altare, nella sua camera, mentre ripeteva il nome di Guffredi. L’uomo, a questo punto, si convinse che era una strega e provava dei forti rimorsi per la morte del suo migliore amico. Ciò nonostante desiderava ardentemente la donna è questo doveva essere per forza una magia!
La morte di Beatrice
Nonostante la forte passione, Guffredi non voleva sposare Beatrice. Secondo alcuni fu questo che scatenò lo scontro tra i due. Quello che si seppe fu che Guffredi, inseguendo e uccidendo poi Beatrice, decise di punirla bruciandola viva nella fossa del carbone. Solo che mentre ella bruciava si pentì di quello che aveva appena commesso. La prese e la trasportò nuovamente al villaggio nella speranza di salvarle la vita. La donna però era ormai morta.
Quella sera, lo stesso Guffredi si suicido, dannandosi l’anima. Da quel giorno, i due, continuano a ripetere perennemente l’ultimo giorno della loro morte. In una dannazione eterna!
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Articolo scritto e pubblicato da: Il bosco delle streghe