Silvano, divinità romana: fauno l’essenza della religione antica roma
Silvano o Silvanus in latino, era una delle più antiche divinità romane, di origine etrusca, venerato come dio della natura, dei boschi, delle foreste, della campagna, dei confini terrieri e della fecondità. Considerato un protettore contro le malattie.
Inizialmente, il dio era conosciuto come Fauno, una divinità dall’aspetto caprino, con corna e gambe di capra e il corpo, le braccia e la testa di uomo, simile al greco Pan. Fauno era il dio della natura, degli animali e delle greggi, figlio di Giove e della maga Circe. La sua sposa era Fauna, o Fatua, e nell’Eneide viene citato come lo sposo della dea Marica, ninfa delle acque e delle paludi, protettrice dei neonati, che aveva il suo tempio presso la vecchia Minturnae.
DUE NOMI UN UNICO DIO
Fauno e Silvano rappresentavano due aspetti di un’unica divinità.
Il primo, il Fauno, benefico nonostante il suo aspetto, il secondo selvaggio e misterioso.
Il secondo, Silvano, era una divinità combattiva, lottatrice, che spesso rappresenta le battaglie violente, selvagge, quelle che si affrontano per uccidere il nemico, qualsiasi esso sia.
Col tempo, Silvano venne riconosciuto come una divinità autonoma. Egli si innamorò di Pomona, dea dell’abbondanza e degli alberi da frutto, ma fu rifiutato, poiché Pomona sposò Vertumno.
Il culto di Silvano prese il sopravvento a causa delle immense selve che ricoprivano l’Italia. Spesso associato alla figura di Marte, come dio della guerra e delle battaglie nei boschi, Silvano era venerato nei posti di frontiera degli eserciti romani.
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Dualità del suo aspetto
Le due divinità, che sono due aspetti dello stesso dio, hanno anch’essi due aspetti diversi, ma analizziamoli.
Fauno aveva un carattere gioviale, amava suonare e rincorrere le ninfe. Brutto! Metà uomo, muscoloso, con la barba incolta, corna e zanne. La parte inferiore era composta da zampe caprine.
Mentre Silvano era più serioso. A volte raffigurato come un ragazzo imberbe, altre volte come un uomo maturo con barba folta e capelli ricciuti, spesso nudo. Nella visione originale questo dio era nudo, come il Fauno.
In seguito, nelle raffigurazioni o sculture, venne coperto da una corta tunica o da una pelle di capra.
Possiamo comunque notare che le due divinità potevano essere sempre una. Non dimentichiamoci che il Fauno aveva il potere di mutarsi interamente in uomo, nascondendo il suo aspetto grottesco, le zampe capirne, corna e zanne. Quindi Silvano e Fauno possono essere la stessa divinità.
Silvano era amante della caccia, veniva rappresentato con un cane vicino, con rami di pino (albero a lui sacro) che gli cingevano il capo. Come protettore degli orti, era raffigurato con un cesto di frutta matura e un coltello ricurvo tra le mani, suggerendo due diverse manifestazioni della stessa divinità.
Giorno sacro a Silvano
Il dio Silvano veniva invocato e placato con doni come latte, frutta e vino prima di arare il terreno. Essendo un dio delle greggi e del pascolo, si cercava il suo consenso per evitare le sue ire.
Nell’antica Roma, Silvano era anche chiamato Luperco in qualità di difensore delle greggi e dei pastori, che potevano essere assaltati dai lupi.
In suo onore si celebravano i Lupercali il 15 febbraio, riti di purificazione prima del nuovo anno, che all’epoca iniziava in marzo e comprendeva solo dieci mesi. Durante i Lupercali, si sacrificavano capre e pecore, i cui pelli erano indossate dai nuovi iniziati, che venivano segnati sulla fronte con il sangue degli animali sacrificati e, con cinte di pelle, frustavano le donne incontrate sul loro cammino.
Il culto di Silvano era severamente vietato alle donne, le quali avevano il loro culto privato, vietato agli uomini, dedicato alla Bona Dea. Il Lupercalio, il santuario dedicato a Silvano, si trovava ai piedi del colle Palatino, presso la grotta in cui il pastore Faustolo trovò abbandonati i gemelli Romolo e Remo.
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Dio Silvano, nemico delle donne
Può sembrare strano perché non se ne parla spesso, ma le divinità hanno un lato negativo. Lo vediamo proprio in Silvano considerato un nemico delle donne, soprattutto delle partorienti e dei neonati. Tant’è che veniva evocato per rituali abortivi, maledizioni sulle nasciti e sortilegi di vendetta contro i prossimi nascituri.
Le donne romane, per difendersi dagli attacchi notturni del dio, invocavano tre divinità protettrici:
- Pilumnus, che combatteva Silvano a colpi di pestello
- Intercidona, dea che lo combatteva a colpi di scure
- Deverra, che con la scopa spazzava la soglia della casa per eliminare i malefici del dio.
Questi dei venivano emulati da tre persone che, di notte, giravano intorno alla casa battendo vicino alle porte con un’ascia e poi spazzando per chiedere protezione.
Silvano nella mitologia romana
Silvano, con il suo doppio aspetto di Fauno e dio selvaggio, rappresentava la dualità della natura: benefica e temibile allo stesso tempo.
La sua adorazione rifletteva l’importanza della natura e della campagna nella vita quotidiana dei romani, così come la necessità di protezione e rispetto per le forze che governavano il mondo naturale. Silvano era venerato non solo come protettore delle selve e delle greggi, ma anche come guardiano dei confini terrieri e garante della fecondità, un ruolo fondamentale in una società agricola come quella romana.
Questo spiega anche come mai le sculture che raffiguravano il Dio erano poste ai confini delle terre dei nobili, presso le abitazioni e all’interno della stessa città di Roma a determinare i quartieri.
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Articolo scritto e pubblicato da Il bosco delle streghe.