Arlecchino: maschera demoniaca di carnevale: la storia vera
Arlecchino è il re dell’inferno! Il lato oscuro di questa maschera tradizionale italiana è stato, nei secoli, ben celato, fino a farlo divenire una figura divertente, da prendere in giro o che ci prende in giro. Il carnevale, festa pagana tra le più festeggiate, che ha subito una soppressione durante il periodo tra il 900 D.C per ritornare, sotto forma di festa precristiana della quaresima, nel 1500 D.C.
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Ed è in questo periodo che, Arlecchino, tornò prepotente tra la popolazione che non lo aveva dimenticato. La sua maschera aveva tratti demoniaci, alle volte con occhi piccoli, chiusi a fessura, con labbro caprino e orecchie e a punta. In alcuni casi aveva le corna e c’è da sottolineare che i suoi abiti, che oggi sono colorati, all’epoca era logori, strappati, sporchi di sangue.
Dato il periodo vogliamo farvi conoscere la storia di questa maschera poiché arlecchino rappresenta quello che la chiesa voleva nascondere.
CARNEVALE FESTA: PAGANA, CRISTIANA O SATANICA?
Carnevale è una festa realmente antica. I primi festeggiamenti risalgono agli antichi romani con le: feste Dionisiache derivanti poi dai Saturnali di natale. Tali giorni erano chiamati: Dionysys agunt, che significava: agiscono come Dioniso. Nei giorni dedicati a questo Dio si usava bere e mangiare tanto, essere un po’ folli, vivere in modo reale quella situazione in cui si è ebbri, vale a dire: divenire e quindi agire, come Dioniso.
Tali rituali o culti erano già presenti ai tempi degli antichi romani poiché essi erano utili per propiziare la fertilità della terra.
Durante questa festa si realizzava uno scioglimento degli obblighi morali in modo da dare sfogo all’istinto animale e primitivo dell’essere umano, che spesso diventa evidente quando si è sotto effetti di alcool. Tant’è che è proprio questo il regalo di Dioniso agli uomini, vale a dire: il vino che rende liberi.
Quindi era possibile dare sfogo allo scherzo e alla dissolutezza. C’era un capovolgimento caotico anche dei ruoli personali. Uno dei rituali tipici era appunto lo: scambio di ruolo. I servi, per un giorno, si scambiavano con i padroni e viceversa. I padroni erano costretti a ubbidire agli ordini dei padroni e ciò permetteva: un ordine e un rinnovamento sociale. L’obiettivo era quello di ricordare agli uomini che si divenire padrone o schiavo è solo per un “caso”. Nella vita è possibile avere un capovolgimento della condizione sociale per: coraggio, per fortuna, a causa delle nostre scelte o per mille altri motivi.
Al termine del giorno degli: scambi di ruolo, ecco che si proseguiva con banchetti e sfilate.
Carri allegorici, dove sono nati?
Cosa sono i carri allegorici che allietano la festa di carnevale? Oggi li conosciamo e anzi se essi non ci sono, sembra che manchi qualcosa.
Sappiate che i carri allegorici non sono un’idea moderna, anzi tutt’altro. Essi arrivano dai culti romani e in particolare da quelli dionisici poiché si proibiva di uccidere, in questo giorno, si usavano altre tipologie di spettacolo. Infatti per tutta Roma e in tutte le città dell’Impero romano e perfino all’interno di anfiteatri e del Colosseo, si usavano dei carri, enormi che rappresentavano scene mitologiche, racconti di Dii e dei, ma anche i malesseri del popolo rappresentati dalla politica, imperatore, consoli e soldati. Una sorta di satira popolare!
Nel 1500, quando tornò il Carnevale che era stato soppresso, secoli prima, dalla chiesa, proprio la chiesa li ripristinò, ma con l’obbligo che i carri rappresentassero e mettessero in scena episodi della bibbia o del vangelo.
Tale tradizione è ancora oggi esistente, infatti i carri allegorici contemporanei ci parlano di: politica, cambiamenti della società, temi che sono molto forti e avvertiti, quelli che sono i più trend o di tendenza. Alla fine quindi è rimasta tale tradizione, vale a dire: raccontare parte del malessere del popolo, ma ciò non toglie che quando ci mascheriamo o rimaniamo affascinati da qualche carro, noi stiamo, inconsapevolmente, festeggiando il rituale di Dioniso, quindi una festa pagana!
Non vi siete mai chiesti perché il periodo della quaresima, in cui la chiesa richiede penitenza, astinenza, moralità estrema e rigidità delle regole religiose, sia preceduta da una festa che è: immorale, dissoluta, in cui si beffeggia il potere o la religione? Il motivo è che, nonostante essa fosse stata soppressa dalla chiesa cattolica, in pieno medioevo, a causa di un legame eccessivo con la religione pagana, demonizzata, essa non sparì mai. Tant’è che nel 1500 ecco che compare la quaresima, la tipica strategia di incorporamento di rituali di un’altra religione alla propria in modo da poter convertire il popolo.
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Origini del Carnevale?
Da dove nasce la parola carnevale, ha qualche significato? Si! La parola: carnevale, arriva dal latino: carnes, cioè: levare, togliere la carne.
Allude al rituale del banchetto finale in cui si eseguiva il sacrificio animale del maiale o dei maiali. Essi venivano poi posti sul banchetto o banchetti e a turno, le persone presenti, si alzavano e tagliavano, quindi toglievano, la carne che volevano consumare fino ad arrivare allo scheletro.
Non a caso, nei giorni di Carnevale, le ricette tradizionali sono a base di carne di maiale, perfino i dolci si creavano con i residui di questo animale come: lo strutto che sarebbe il grasso o con il sangue.
Il nome originale di questa festività non è carnevale, esso venne introdotto dalla chiesa, intorno a 1500, quando venne ripristinata, in modo da far dimenticare la festività pagana in onore di Dioniso, chiamata: Dionysys agunt. Però si decise di far rimanere il banchetto finale, che era la parte più ghiotta e attesa dal popolo povero che, solo durante questi culti, poteva mangiare carne offerta dai nobili o dai padroni.
Tutto ciò è stato poi collegato, in una maniera forzata e contorta, alla quaresima. La chiesa annunciava al popolo che: Carnevale era la festa che terminava di martedì grasso, in cui era data alla popolazione la possibilità di mangiare, per l’ultima volta, la carne prima della quaresima. Quindi era concesso di: levare la carne al maiale e tale “rituale” prese il nome latino Carnes, cioè: levare la carne, e dalla parola latina: Vale che significa: arrivederci. Nella lingua volgare le due parole vennero unite divenendo: Carnevale che poi, traducendo letteralmente significa: Carne arrivederci!
In questo modo, si è incorporata la festività pagana alla religione cristiana!
Ma parliamo un po’ di…
Le maschere sono sempre esistite. Noi di Il bosco delle streghe pensiamo che di per sé la maschera non nasconde, ma ci mostra. Una sorta di cambio pelle in cui possiamo far vedere agli altri un lato che siamo sempre costretti a nascondere per piacere agli altri. Una volta che ci mascheriamo ecco che ci si sente liberi e possiamo fare quel che vogliamo senza sentirci giudicati. Carnevale ha rappresenta questo pensiero. Alla fine, usando un costume e una maschera sul viso, in parte siamo celati agli occhi della gente, ma non siamo del tutto nascosti.
Non tutti sanno che: ogni maschera tradizionale, è in Italia c’è ne sono tante, addirittura regioni in cui ogni Comune ha una sua maschera, rappresentano in realtà due cose. La prima un dio a cui si era legati e la seconda il carattere o l’essenza, estremizzata e ironizzata, degli abitati di un determinato luogo. Dunque non pensate a quale sia la maschera più bella, ma osservate cosa vi dice quella maschera.
A questo punto sottolineiamo, a tripla riga, che Arlecchino è il re di questa festa, ma scopriamo il perché?
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Arlecchino maschera: demone o altro?
Arlecchino lo ritroviamo già come figura tipica nell’antica Roma, ma la sua essenza più oscura diventa evidente nel primo periodo medioevale, nel 400 D.c, quando vennero soppressi e vietati i culti pagani.
La chiesa lo definì il diavolo, il demone, uno dei re, non dei principi, ma addirittura uno dei re dell’inferno poiché lui è l’essenza principale del Carnevale.
Il significato era il seguente: essendo carnevale una festa in cui tutti fanno tutto, in cui c’è caos, ma dove tutto viene perdonato, in cui si dice quel che si pensa senza conseguenze, dove si beve fino all’eccesso e in cui si fa anche sesso senza rispetto dell’idea del matrimonio, per la chiesa e per molti era ed è la rappresentazione di un “inferno”. Colui che poi agitava le folle e creava ancora più caos, facendo satira e beffandosi dei potenti, era Arlecchino.
Trazidione di arlecchino
La tipica e vera maschera di Arlecchino era rappresentata da tratti demoniaci e satanici. Inizialmente non indossava il berretto, ma le corna, poi esso venne modificato in un berretto che deve pero deve avere sempre due punte, in modo da somigliare alle corna del diavolo. Il volto era nero, come la maschera annerita dalle fiamme dell’inferno. Gli abiti stappati e rattoppati, tipico di un soggetto che fa una vita dissoluta, che vive alla giornata. Colorata di sangue delle anime dei dannati, di macchie di cibo e vino, ad indicare la sua ingordigia, e, questa è una testimonianza che abbiamo ritrovato in uno scritto antico, in cui si parlava dei culti dionisianici, di “liquidi” umani derivanti da rapporti sessuali, a rappresentare la lussuria di questo personaggio.
Infine c’è da dire che tutte queste macchie o colori, che caratterizzavano l’abito di Arlecchino, erano “mimetici” in modo che potesse nascondere la sua natura tra la folla.
Qui, noi di Il bosco delle streghe, abbiamo un pensiero personale: in fondo, i senza tetto o barboni, come si usa dire, non sono sporchi e logori, ma per noi, per la società, diventano e sono gli invisibili? Non lo pensate anche voi?
Arlecchino era in grado di nascondersi tra la folla, incitandola, e mostrandosi, in tutti i suoi difetti (ingordigia, lussuria, libertà, coraggio) solo quando voleva.
Infine, per completare questa maschera, non trovate curioso l’elemento che riguarda le calze rosse e le scarpe nere? Ebbene nel costume originale le calze nascondevano le gambe caprine e le scarpe nere non erano altro che gli zoccoli rimasti scoperti.
Arlecchino: la maschera del diavolo celtico
Finora abbiamo visto come arlecchino sia una maschera della mitologia pagana, ma sappiate che il suo nome si è fuso con una divinità celtica.
Facciamo chiarezza in base alle nostre ricerche. Nell’84 A.C, l’impero romano sottomise, dopo infine guerre e battaglie, il popolo celtico ammettendo i territori del Nord Europa al proprio impero. Questo iniziò a far conoscere la religione celtica e in seguito quella norrena a Roma. Nel 164 D.C fino al 476 D.C, successe il contrario. Le popolazioni del Nord Europa scesero in Italia e invasero quello che rimaneva dell’impero. Qui ci fu la decadenza dell’Impero romano e unitamente l’aumento della cristianità. Nel 400 D.C vennero proibiti totalmente i culti pagani poiché si dovevano eliminare: la religione pagana italica o mitologia romana e unitamente la religione celtica, norrena e dell’asia occidentale.
L’invasione dei “barbari”, in ci rientravano tutte le popolazioni straniere, si trovò in comune accordo con la mitologia romana e tanti personaggi tradizionali erano ben visti come divinità naturali.
Dioniso e carnevale
La figura tradizionale delle feste di Dioniso era: Dioniso, bacco, i satiri, Fauno e Fuflus. Piccola curiosità su Fuflus che abbiamo trovato interessante. Quest’ultimo era il dio della salvezza, cioè della ripresa dell’ebrezza del vino. In parole povere era il: post sbornia. Rappresentato come un uomo con barba folta, una lunga tunica che lo copre fino ai piedi e con dei fiori tra i capelli. Il fiore è quella sensazione di pace, serenità e soddisfazione dopo una buona bevuta.
Ad ogni modo, queste figure erano molto similari, come aspetto e rituali, a 2 figure celtiche di grande rilevanza religiosa, vale a dire: Hallequin e Holle Konig.
Hallequin indica letteralmente: seguace di Hell. Hell è la dea dell’oltretomba nella mitologia norrena. Le seguaci erano come le baccanti di Dioniso.
Mentre Holle Konig (noto anche come Erlik kan) era un demone oscuro, signore malvagio e signore degli elfi. Ripetete più volte Erlik Kan, ad alta voce, è sembra che diciate: arlecchino. Comunque questo demone ha una caratteristica, vale a dire: si veste con i brandelli degli abiti dei soldati uccisi. Per venerarlo venivano offerte stoffe pregiate e multicolori che venivano cucite insieme per farne un abito.
Anche questa figura è similare al costume tradizionale dei personaggi tipici di Dioniso in cui però gli abiti erano macchiati di vari liquidi, cibo e via dicendo.
Ecco che dunque, per la chiesa, è stato facilissimo unire i suoi nemici, cioè: feste e figure demoniache di Dioniso con i nomi dei demoni celtici-norreni, in un’unica figura: Hallequen, Hellkan fino a che, Dante Alighieri, lo italianizzò in: Alichino che divenne infine: arlecchino nella lingua volgare.
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Ammirazione di Dante per Alichino
Il sommo poeta, Dante, padre della lingua volgare italiana, venne ispirato da questo diavolo, modificò ed utilizzò il nome, Alichino, per uno dei suoi diavoli nel ventunesimo canto dell’inferno. Inserì nelle malebranche diaboliche, truppe dell’inferno che dovevano controllare le anime immerse nella pece bollente, proprio: Alichino.
Alichino, era sia un diavolo che un credulone, un burlone che un truffatore, un satiro divertente e un abile manipolatore, che rimase giocato da un’anima dannata che, provocandolo e divertendolo, con una danza ridicola e immorale, lo fece finire nella pece bollente. In questo modo, l’anima dannata, riuscì a salvarsi.
La danza ridicola era poi uno dei balli usati proprio durante i culti per Dioniso che erano stati ridicolizzati, come tutti i rituali della religione del demonio, dalla chiesa in modo che il popolo non li eseguisse.
La ricomparsa del carnevale
Facciamo una breve riflessione! Il Carnevale venne proibito intorno al 400 D.C come culto pagano. Permane comunque, in modo molto più nascosto, in tutto il medioevo. Nel 1304/1306 Dante scrive la Divina Commedia e aumenta il terrore delle figure demoniache e dei diavoli.
Mentre nel 1094 c’è un documento, alquanto misterioso, ma firmato dalle più alte figure politiche ed ecclesiastiche del territorio. In cui ci sono scritte delle spese comunali per eseguire una festa tradizionale della chiesa con il nome: Carnes!
Nel 1173, la città di Fano, c’è un documento! Una pergamena in cui ci sono delle spese comunali per acquistare l’occorrente per un rituale della chiesa. Stranamente, questo domenica, non ha nome, ma è collegato alla quaresima. Poi nel 1347, sempre a Fano, nell’archivio comunale ecco ricomparire queste spese dove però c’è una dicitura che indica: per festeggiare: Carnes Vale. Tuttavia erano spese rapportate ad un utilizzo per la chiesa. Ecco come mai si dice che Venezia e Fano abbiano i Carnevali più antichi d’Italia, solo perché qui ci sono dei verbali scritti.
Ad ogni modo era evidente che questo culto non veniva dimenticato! Per questo che la chiesa, intorno al 1492 decise di riportare i festeggiamenti con il nome di: Carnevale. Con il Carnevale tornarono le maschere tradizionali, ma soprattutto ricomparve, in modo prepotente: Arlecchino.
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Trasformazione di Arlecchino
Nonostante i culti pagani erano proibiti, era concesso alle compagnie teatrali e a quelle di strada, di continuare con gli spettacoli. Il diletto del popolo erano le commedie e le maschere tradizionali pagane divennero protagonisti di satire feroci. Essi ironizzavano e prendevano in giro appunto le divinità, culti e rituali pagani a favore della chiesa.
Il costume di Arlecchino venne modificato dalla “compagnia dei gelosi”. La maschera demoniaca di Alichino, aveva un vestito a rombi colorati. Mentre la maschera copriva il volto del demonio, nera, annerita dalle fiamme dell’inferno, con espressione beffarda e ironica. Perde definitivamente le corna (che resistevano in alcune raffigurazioni tradizionali antiche, poiché era un diavolo che si usava per propiziare il raccolto del vino). Indossa il berretto a due punte.
Curiosamente, alcune compagnie teatrali di strada, che ci tenevano alla maschera tradizionale, decisero di posizionare, nella parte frontale, due bernoccoli. Per evitare che il credo religioso potesse accorgersi che erano in realtà due corna, si crearono delle storielle- commedie. Qui essi erano: bernoccoli usciti a causa delle botte che Arlecchino riceveva continuamente dal suo padrone.
Guarda il VIDEO per intero sul nostro canale youtube di “Il bosco delle streghe”, eccoti il link: https://www.youtube.com/watch?v=IZYc9NO5ja8
Articolo scritto e pubblicato da: IL BOSCO DELLE STREGHE
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